Generalmente si ritiene che il medioevo sia stato caratterizzato, dal punto di vista politico, da una visione teocratica del potere, in base alla quale il potere politico discende da Dio e giunge agli uomini in virtù di un investitura divina. Tenuto conto di ciò, si afferma che durante il medioevo il problema della definizione di una costituzione ideale non si pone perché viene meno la consapevolezza, viva nel mondo antico e nell’esperienza della polis e della res publica, della necessità di una legge fondamentale che regoli la vita di una comunità di uomini chiamati a partecipare alla gestione del potere.

Fioravanti, invece, non condivide questa tesi e sostiene che anche nel medioevo si è sviluppata una peculiare concezione di costituzione.

Durante il medioevo, che va dal V secolo fino al XV secolo, non si manifestano forme tipiche di esercizio del potere ma solo poteri connessi al possesso della terra, oppure poteri universalistici ma dotati di scarsa effettività come quelli dell’imperatore; e nel XI secolo si ha l’affermazione degli ordinamenti cittadini che si dotano di forme di governo anche largamente partecipate. Si tratta in generale di forme di esercizio dei poteri pubblici molto diversi perciò non è possibile ridurre la varia realtà politica medievale nella figura del potere teocratico cioè che ha origine da Dio perché la realtà è molto più articolata. A questo punto per capire cosa si intendeva nel medioevo per costituzione bisogna partire dal presupposto della complessità del potere politico, scoprendo cosa hanno in comune poteri diversi come quello dell’imperatore o della Chiesa a vocazione universalistica e quello del feudatario o quello di coloro che avevano il potere nelle città. Si tratta di poteri non sovrani cioè di poteri che non pretendono di imporsi in modo assoluto verso i soggetti, i beni, le forze e gli ordini. Infatti, le scarse norme che essi esprimono riguardano solo una parte marginale della vita concreta, mentre la parte più rilevante che riguarda l’economia e il patrimonio è regolata dalla consuetudine. Ciò implica che i poteri pubblici medievali sono intrinsecamente limitati perché hanno ad oggetto solo una parte della vita quotidiana.

Soprattutto nei primi anni del medioevo, infatti, gli uomini anziché aspirare alla rivitalizzazione dell’unità della comunità politica preferivano rifugiarsi all’interno di ordinamenti particolari, spesso territorialmente circoscritti, fatti soprattutto di consuetudini. Pertanto, l’insieme delle più rilevanti relazioni economiche, sociali e politiche finivano per sfuggire alla capacità di normazione dei rappresentanti del potere e per soggiacere solo alle consuetudini. Accadeva, dunque, che i pubblici poteri non erano in grado per la loro intrinseca limitatezza di creare un ordine giuridico generale, una costituzione. Invece, le consuetudini diverse e varie che regolavano la vita quotidiana finivano per assurgere esse stesse ad ordine giuridico caratterizzato, però, da frammentazione e particolarismo e, quindi, disordinato. I pubblici poteri, in altri termini, si trovarono di fronte una costituzione inteso come ordine giuridico, di origine consuetudinaria, frammentario e disordinato che dovevano necessariamente accettare essendo intrinsecamente limitati cioè impossibilitati a modificarlo.

Questa situazione consente di comprendere la differenza tra la costituzione degli antichi e quella medievale. Come si è detto in precedenza, la costituzione degli antichi è un ordine politico ideale da realizzare per restituire pace alla comunità nella quale c’è conflitto sociale. La costituzione medievale, invece, è un ordine giuridico dato, già esistente da preservare e difendere. Pertanto, la riflessione della dottrina politica medievale si sviluppa a partire dalla fine del XI secolo al culmine dell’età medievale quando esiste un ordine giuridico sentito come vincolante ed ha ad oggetto la ricerca del modo per difendere e tutelare quest ‘ordine dalla minaccia dell’arbitrio cioè di ogni possibile pretesa di dominio sulla complessità del reale giuridicamente ordinata. Per questo nel medioevo il discorso sulla costituzione cessa di appartenere all’ambito della politica e della morale e diventa un discorso giuridico. In altri termini, la costituzione comincia ad essere intesa come norma giuridica che nasce dalla pratica sociale.

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