Il termine diritto viene impiegato, nel linguaggio tecnico dei giuristi, in almeno due significati diversi: in senso soggettivo, indica una pretesa (esempio: è un mio diritto !); invece, in senso oggettivo, diritto indica un insieme di norme giuridiche, ossia un ordinamento giuridico. Definire il diritto (in senso oggettivo) come un insieme di norme giuridiche non risolve affatto il problema, ma lo sposta sulla definizione di norma giuridica.

Ogni comportamento umano è giudicato secondo regole. Oggi, il giurista non esiterebbe a dirci che ciò che chiamiamo diritto é l’insieme delle regole poste dallo Stato, e fornite della sua sanzione, la coercizione. Il diritto posto dalle altre istituzioni sociali (famiglia, associazioni, partiti) non c’appare fatto di “norme giuridiche”. Esse sembrano piuttosto norme sociali, che saranno sì anch’ esse sanzionate, ma con sanzioni sociali (esempio: l’espulsione dal gruppo).

In sintesi da un lato sta il diritto “vero”, quello dello Stato (o derivato dallo Stato), fatto di “vere” norme giuridiche, il cui rispetto è garantito dal ricorso alla “forza pubblica”; dall’altro stanno i fenomeni paragiuridici, regolati da norme sociali (es: se uno non cede il passo ad una signora al massimo farà la figura del cafone e verrà ignorato dalla società, ma non verrà sbattuto in galera).

Altra distinzione è tra diritto pubblico, che tratta dei rapporti tra l’autorità pubblica ed i privati e diritto privato, che tratta dei rapporti tra soggetti privati, che stanno in posizione di parità.

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