Il diritto di voto è il diritto di partecipare alla formazione della volontà sociale e la regola posta dall’art. 2351 co. 1 è che ogni azione attribuisce il diritto di voto. Lo stesso articolo, tuttavia, consente poi, attraverso l’emissione di particolari categorie di azioni, di sacrificare questo diritto in più modi (co. 2).

Quando il diritto di voto vi sia, di regola il socio che abbia più azioni ha diritto a tanti voti quante sono le azioni da lui possedute. L’art. 2351 co. 3, tuttavia, contempla la possibilità di prevedere in via statutaria che in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato ad una misura massima (cosiddetto voto a scalare: es. un voto ogni azione posseduta fino a cento, un voto ogni due azioni possedute da cento a duecento).

Se è vero, come detto, che le azioni possono rappresentare ciascuna una distinta partecipazione sociale, non è vero che chi ne possieda più di una possa essere considerato socio tante volte quante sono le azioni possedute. Quanto detto, in particolare, vale ai fini del voto, il quale di regola non può che essere unitario. Particolari situazioni, tuttavia, suggeriscono di ammettere anche il cosiddetto voto divergente.

In taluni casi il voto:

  • viene sospeso (es. socio moroso).
  • viene escluso (es. socio amministratore che non può votare in ordine alla sua responsabilità).

Vi sono poi delle ipotesi in cui all’azionista è posto un vincolo nell’esercizio (es. una deliberazione che ha un interesse in conflitto non quello della società non deve pregiudicare l’interesse comune).

Altre ipotesi di divieto di esercizio del diritto di voto, inoltre, sono quelle inerenti:

  • alla società controllata nell’assemblea della società controllante.
  • alla violazione dell’obbligo di comunicazione delle partecipazioni superiori al 2% del capitale in società con azioni quotate in un mercato regolamentato.
  • alle partecipazioni reciproche tra società quotate eccedenti dette percentuali.
  • all’intera partecipazione della società che, nell’ipotesi precedente, abbia omesso di alienare le partecipazioni eccedenti la percentuale consentita o, eventualmente, ad entrambe le società.
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