Per quanto riguarda il debitore, invece, il problema è diverso perché nei suoi confronti non dovrebbe produrre effetti una fattispecie conclusa da altri. Pertanto, sia pure in un momento successivo rispetto a quanto accade per la delegazione e per l’accollo, l’assuntore dovrà giustificare al debitore originario a che titolo ha inteso assumere il suo debito. In generale si può pertanto osservare che, anche nell’ espromissione, al debitore dovrebbe essere consentito di esprimere il consenso alla vicenda modificativa. Orbene, qualora l’espromesso non aderisca all’iniziativa dell’espromittente, l’assuntore non potrebbe estinguere il debito dell’ espromesso che conserverebbe il potere di conseguire la liberazione anche con forme diverse dall’adempimento. In tal caso, qualora l’espromissario avesse ricevuto la prestazione dall’ espromittente, dovrebbe restituire, sia pure successivamente alla soddisfazione del credito, quanto ricevuto dall’assuntore: al creditore andrebbe, comunque, riconosciuto a norma dell’art. 1398 cod. civ., il diritto di pretendere dall’ espromittente il risarcimento dei danni sofferti per avere confidato nell’avvenuta assunzione, soltanto se l’espromittente avesse speso il nome altrui.
Ciò ha indotto ad affermare che i fatti estintivi diversi dall’ adempimento (novazione, remissione, compensazione e confusione), se posti in essere da o nei confronti dell’accollante, liberano sempre, e per l’intero debito, l’accollato, mentre se verificatisi nei confronti di quest’ultimo non incidono sull’obbligazione dell’assuntore. Il problema potrebbe, invece, trovare differente soluzione qualora si rinvenisse una diversità di funzione tra remissione del debito e rinunzia al credito e se non si considerasse un effetto naturale dei negozi di assunzione il degradare dell’ obbligato originario in posizione sussidiaria, di garante, rispetto a quella dell’assuntore. In proposito, si deve considerare che nelle figure di cui all’art. 1272 s. cod. civ., la remissione a favore del debitore originario pregiudica le ragioni del creditore. Infatti, l’assuntore, divenuto titolare dello stesso debito dell’ obbligato originario, si avvantaggerà necessariamente dell’ estinzione dell’ obbligazione di quest’ultimo.
Inoltre, se l’assunzione fosse avvenuta nella forma cumulativa, produttiva della successione nel debito, il terzo potrebbe beneficiare dell’art. 1301 cod. civ. perché, ex artt. 1272, comma 1, e 1273, comma 3, cod. civ., obbligato solidale, e con parità di grado, con il debitore originario. Pertanto, anche ammettendo che non tutte le norme previste agli artt. 1299 – 1313 cod. civ. disciplinino ogni ipotesi di obbligazione solidale – si pensi agli artt. 1299, comma 1, 1300 – 1303 e 1311 – 1313 cod. civ. che secondo parte della dottrina riguarderebbero soltanto le obbligazioni caratterizzate da una vera e propria comunione del credito o del debito – nella specie può ugualmente trovare applicazione l’art. 1301 cod. civ. perché, ex art. 1298 cod. civ., salvo patto contrario, si deve presumere che nei rapporti interni il debito si divida in parti uguali.
Di conseguenza, nell’ipotesi che interessa, «La remissione a favore di uno dei debitori in solido libera anche gli altri, salvo che il creditore abbia riservato il suo diritto verso gli altri debitori, nel qual caso il creditore non può esigere il credito da questi, se non detratta la parte del debitore a favore del quale ha consentito la remissione» (art. 1301 cod. civ.). Anche in questa ipotesi, dunque, la liberazione dell’ espromesso danneggerà l’espromissario che si vedrà estinto, totalmente o parzialmente, il credito.
Inoltre, si porrebbe l’ulteriore problema della conservazione degli effetti dell’adempimento del terzo qualora il debitore rifiutasse l’estinzione dell’ obbligazione perché la mancata liberazione dell’ obbligato, legittimando il terzo alla ripetizione di quanto prestato a causa del mancato conseguimento dello scopo, potrebbe compromettere l’avvenuta prestazione.