La revoca dei provvedimenti è disciplinata dall’art. 21 quinquies, inserito nell’LPA nel 2005 e poi modificato dalla l. n. 40 del 2007. L’art. 21 co. 1 prevede che un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere può essere revocato e specifica gli effetti dell’esercizio del potere di revoca, nel senso che determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti .

In generale, quindi, un provvedimento ad efficacia istantaneo non può essere revocato (es. espropriazione). Potrebbe tuttavia esservi qualche dubbio su cosa debba intendersi per atto ad efficacia istantanea, considerando il fatto che esistono atti ad efficacia giuridica istantanea che non esauriscono i loro effetti al momento stesso in cui acquistano efficacia, necessitando, al contrario, dello svolgimento di un’attività (es. il permesso edilizio ha efficacia istantanea, ma il suo risultato pratico è raggiunto solo quando l’edificio è costruito). Se sembra pacifica l’opinione che il provvedimento sia irrevocabile una volta che anche l’attività esecutiva si sia conclusa, dubbi sono stati manifestati circa l’irrevocabilità anche nel periodo precedente. La legge, quindi, per risolvere questa problematica, in alcuni casi ha espressamente sancito l’irrevocabilità di questi provvedimenti anche prima dell’inizio dell’attività (es. il permesso edilizio è irrevocabile anche prima che la costruzione inizi).

L’organo competente a prendere il provvedimento di revoca è quello che ha emanato atto. Altri organi possono avere una tale competenza soltanto se espressamente previsto dalla legge.

I presupposti in presenza dei quali la revoca è ammessa sono:

  • sopravvenuti motivi di pubblico interesse o il mutamento della situazione di fatto: dato che l’interesse pubblico in concreto si determina in relazione agli interessi in gioco nel momento in cui una decisione deve essere presa, il mutamento della situazione di fatto può far emergere nuovi interessi o portare a considerare non corrispondente all’interesse pubblico che un provvedimento continui a produrre effetti.

Il mutamento della situazione di fatto, comunque, potrebbe anche consistere nel venir meno di un requisito senza il quale il provvedimento non potrebbe restare in vita legittimamente;

  • una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario: ammettere la revoca di un provvedimento senza che siano sopraggiunti elementi di novità, tuttavia, contraddice il principio del legittimo affidamento. Per essere accettabile, quindi, questa terza ipotesi deve essere considerata come sostanzialmente coincidente con la seconda (mutamento della situazione di fatto).

L’art. 21 quinquies co. 1 LPA stabilisce che l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere all’indennizzo dei pregiudizi eventualmente subiti dai soggetti direttamente interessati . Tale disposizione, pur considerando l’indennizzo come una sorta di ristoro di tutti i danni che possano essere derivati dal venir meno degli effetti del provvedimento, sembra voler limitare le categorie dei soggetti che possano reclamarlo ( direttamente interessati ). A tale disciplina generale della revoca, peraltro, è stata disposta un’eccezione con un nuovo comma 1 bis, aggiunto all’art. 21 quinquies LPA dalle l. n. 40 del 2007, il quale dispone che in alcuni casi l’indennizzo non può essere pienamente risarcitorio, dovendo corrispondere al massimo al danno emergente.

Con le modifiche del 2005 alla LPA, il legislatore ha ritenuto necessario chiarire che l’aver previsto la revocabilità dei provvedimenti amministrativi in termini così ampi non significa anche aver inteso consentire che un’amministrazione possa revocare l’atto di consenso alla formazione di un ordinario contratto con un terzo: l’art. 21 sexies, infatti, dispone che il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto

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