Le politiche dell’amministrazione fra autonomia e subordinazione alla legge. Ancora a proposito di ragionevolezza e proporzionalità

Le grandi costruzioni teoriche dello Stato di diritto offrono un’immagine molto razionale dell’amministrazione, “normalizzata” perché libera ma soggetta alla legge e con il compito di contribuire al benessere collettivo di cittadini. Quest’idea viene accolta anche dallo Stato sociale di diritto e permane in alcune moderne costituzioni, tra cui la nostra. Come si spiega allora il rapporto tra primato della legge e libertà degli apparati amministrativi? Il nostro art. 97 Cost rappresenta un importante punto di partenza per la risposta a questo quesito, poiché, se è vero che la norma in questione non contiene una doppia riserva (rispettivamente in favore della legge e del regolamento dell’esecutivo), è anche vero che il problema può essere risolto facendo ricorso al criterio della ragionevolezza, cioè considerando che se la legge può disciplinare ogni fattispecie dell’organizzazione amministrativa, sarà la ragionevolezza a suggerire e determinare degli spazi per il potere normativo dell’esecutivo in vista ovviamente del perseguimento degli obiettivi di imparzialità e buon andamento che la norma indica.

Dunque la ragionevolezza costituisce il fattore primario di verifica e misurazione sia della legittimità costituzionale della legge, che del limite che il legislatore impone al proprio potere offrendo spazio alla potestà normativa dell’esecutivo e delle amministrazioni. Tale auto vincolo trova la sua ratio del perseguimento degli obiettivi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa. Tuttavia anche l’attività amministrativa deve muoversi, così come la legge, secondo linee di indifferenza soggettiva, di neutralità formale e sostanziale. In quest’ottica il potere amministrativo discrezionale è costruito come potere si è analizzato, cioè disciplinato dalla legge con vincoli di scopo, allontanandosi dai quali si incorre nel vizio dello sviamento di potere, vizio proprio dell’amministrazione “libera ma non soggetta alla legge”. Anche le costruzioni concernenti le varie categorie di potere discrezionale (discrezionalità pura, tecnica e mista), sono elaborate al solo fine di assoggettare al controllo della giurisdizione ogni manifestazione del potere amministrativo. Infatti tale categorizzazione è vanificata sul piano sostanziale da una semplice considerazione: attraverso la discrezionalità l’amministrazione “interpreta”, all’ombra della legge, quali interessi, pubblici o privati, coinvolti nei procedimenti di sua competenza, debbano essere soddisfatti. Quindi la discrezionalità, come attività di interpretazione, consente di unificare sia l’attività regolamentare che quella provvedimentale dell’amministrazione.

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