L’epoca attuale mostra l’assunzione nell’ambito del cosiddett diritto internazionale privato, di una più ampia e più elevata prospettiva da parte del legislatore di ciascuno Stato, e mostra pure una più attenta considerazione della realtà dei diversi ordinamenti. A fronte di queste trasformazioni, parlare di diritti della personalità o di rapporti di famiglia, risulta già di per sé incongruo. L’individuazione dei relativi concetti è, infatti, nell’epoca attuale il prodotto di molteplici forze attive nel campo culturale, politico ed economico dei vari Stati. L’incongruenza determina assoluta incertezza, quando il principio di relatività viene riferito al meccanismo che consente il funzionamento delle norme di diritto internazionale privato. Queste norme non disciplinano direttamente una singola materia, ma si limitano ad esprimerla con una sintesi operata a priori, lasciando aperto il problema dell’individuazione delle specifiche situazioni soggettive dei particolari atti e dei diversi rapporti.

Se per risolvere questo problema si dovesse aver riguardo alle valutazioni espresse dall’ordinamento che effettua il rinvio, e alle valutazioni proprie dell’ordinamento nei confronti del quale il rinvio è posto in essere, potrebbe prodursi u circolo vizioso. È certo infatti, che la valutazione operata dall’ordinamento richiamato, costituisca ragione sufficiente a giustificare l’applicazione alla situazione soggettiva. Ma tale valutazione determinerebbe un insanabile dissidio in ordine alla configurazione della stessa materia da assumere a presupposto dell’individuazione del relativo criterio di collegamento. Il risultato sarebbe di togliere all’ordinamento quella primaria valutazione che non può non considerarsi competenza inderogabile. Anteriormente alla l. 218/1995, per escludere tale risultato, si erano considerate applicabili le regole dell’ordinamento giuridico italiano, attraverso il rilievo che trattandosi di un problema di interpretazione, legittimato a rendere tale interpretazione era l’ordinamento di cui la norma faceva parte. Più ragionevole sembra essere la tesi secondo la quale nella ricostruzione delle norme di diritto internazionale privato interno potrebbero assumere rilievo gli oggettivi parametri di riferimento e le regole ermeneutiche oltre che istituiti di natura prettamente sostanziale. In ogni caso, non sembra che questa possa essere la soluzione più confacente ad un ordinamento. È da ritenere per tanto che il ricorso alle norme interne dell’ordinamento italiano costituisca uno strumento di carattere residuale. Ciò non implica che la soluzione di un problema particolarmente delicato sia rimessa all’aleatorità della comparazione dei più vari istituti giuridici.

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