Vi sono opinioni discordanti, tra gli studiosi, in merito a natura ed effetti della provocatio. Due sono le opinioni più rilevanti in merito:

  1. Mommsen: opinione tradizionale. Considera la provocazione come un appello e il giudizio popolare come un giudizio di seconda istanza.
  2. Kunkel: critica la concezione di Mommsen. Ha negato alla provocatio il carattere di impugnazione di una decisione magistratuale, qualificandola come un l’istituzione politica emersa nel corso delle lotte patrizio-plebee, che ottenne una sanzione legale solo in virtù dell’ultima Lex Valeria – 300 a.C.

Fino a tale data la provocatio sarebbe stato mezzo di lotta rivoluzionaria fondato sulla forza politica dei plebei. Si concretizzata in un’invocazione del perseguito alla massa della plebe per proteggerlo dall’esercizio arbitrario del ius coercitionis da parte del magistrato patrizio.

Lo studio delle fonti rende però difficile accettare le due tesi. Già prima dell’età regia l’esercizio della potestà giudiziaria era passata al popolo, e al re era rimasta soltanto la coercitio connessa con la titolarità dell’imperium.

Il magistrato repubblicano non aveva facoltà di giudicare, ma solo quella di procedere coattivamente contro chi contravveniva ai suoi ordini o impediva l’esercizio delle sue funzioni. Contro gli eccessi di tale coercizione che il magistrato esercitava come detentore del supremo potere di comando fu introdotta la provocatio.

Le fonti rivelano che la provocatio non presupponeva né un procedimento né una sentenza di condanna, ma il semplice esercizio del ius coercitionis. Osservazione analoghe possono farsi relativamente alle provocationes, di cui si hanno sicuri esempi in età storica contro provvedimenti del pontefice massimo verso sacerdoti ad esso sottoposti.

Il ricorso non è diretto verso una pronuncia giudiziale, ma verso una misura coercitiva amministrativa, espressione del potere disciplinare del pontefice. Lo stesso Cicerone distingue tra:

  • coercitio soggetta a provocazione
  • giurisdizione criminale

Il magistrato ha facoltà di procedere coattivamente contro chi contravviene ai suoi ordini, salvo i casi di:

  • intercessio di uno dei colleghi
  • provocatio ad populum del perseguito

Se, invece, il magistrato intende infliggere una sanzione penale deve chiamare il popolo a pronunciarsi.

Pertanto la provocatio non può essere definita un appello al popolo, come sostenuto da Mommsen, poiché l’appello presuppone il precedente giudizio di un magistrato, che in questo caso è assente. L’intervento coercitivo è infatti un atto di amministrazione e non di giurisdizione. È plausibile ritenere che la provocatio avesse natura giuridica di un atto di opposizione alla coercitio dei magistrati, accompagnato alla richiesta di un processo davanti ai comizi.

Anche la tesi di Kunkel appare infondata. Egli infatti sosteneva che la provocatio fosse un’istituzione politica priva di rapporti col processo comiziale, ed assumeva la connotazione di un rimedio coincidente con l’auxilium tribunicium, sebbene gli antichi parlino in modo esplicito di 2 mezzi di difesa concorrenti e distinti l’uno dall’altro.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento