Pur ammettendo che nell’età adrianea il criterio analogico sia stato davvero introdotto dall’Imperatore, con suggerimento di Giuliano, come limite all’applicazione del diritto da parte di magistrati/giudici (che da quel momento furono subordinati anche all’editto), per le soluzioni derivanti direttamente dal Principe e per le soluzioni giurisprudenziale il limite dell’analogia risulta irrilevante.
In un sistema di diritto codificato il ragionamento analogico è un limite esterno all’interpretazione in quanto l’interprete deve individuare una norma di riferimento ed applicarla, deducendo almeno formalmente dalla sua ratio il criterio decisionale per il caso simile non previsto; in un sistema casistico-giurisprudenziale ricorrere all’analogia è una necessità implicata dal diritto casistico, che ragiona induttivamente “from case to case” (il giurista in questo modo troverà il principio da applicare).