Per quanto concerne l’edilità, essa si caratterizza come una magistratura mista patrizio-plebea, in cui i nuovi ediles si affiancarono ai successori degli edili primitivi, mantenendosi comunque a questi distinti sotto diversi profili. Le due coppie, di conseguenza, non giunsero mai a costituire un collegio magistratuale unificato.

In base alle competenze attribuite agli edili, distinguiamo:

– I curatores urbis, che possedevano poteri di vigilanza e di polizia riguardo la viabilità, i luoghi pubblici, gli acquedotti, gli edifici aperti al pubblico.

– I curatores annonae, che possedevano la sovrintendenza sui mercati, la conservazione e la distribuzione delle scorte di cereali.

– I curatores ludorum, che possedevano mansioni di sorveglianza e di polizia sui pubblici spettacoli nonché la facoltà di organizzarle più importanti feste pubbliche. Non dobbiamo dimenticare come, nel corso della repubblica, l’organizzazione dei giochi divenne un importante strumento di propaganda politica e personale e di acquisto del favore degli elettori.

Per espletare le loro funzioni tutti gli edili, che erano privi di imperium, avevano limitati poteri di coercizione e di repressione.

I curuli avevano uno ius edicendi, connesso con poteri di giurisdizione civile, soprattutto in ordine a controversie nascenti dalle operazioni commerciali svolte nei pubblici mercati: sia pure, in modo limitato, gli edili , in questo modo, provvedevano all’evoluzione del diritto privato repubblicano.

Per quanto concerne i questori,essi potrebbero essere considerati come magistrati minori , privi di imperium e titolari di potestà finanziarie. Eletti dai comizi tributi amministravano l’erario del popolo romano, di cui custodivano le chiavi, i documenti, il tesoro.

Provvedevano poi all’erogazione dei fondi necessari alle spese decise dai consoli , secondo le direttive del senato. Perseguitavano poi i debitori dello Stato e avevano competenze anche nel campo della repressione militare.

Ai tradizionali questori urbani che svolgevano compiti di amministrazione cittadina, si aggiunsero quelli militari, che collaboravano con i supremi magistrati per provvedere all’amministrazione finanziaria delle legioni.

Tacito racconta che, intorno al 267, per sopperire alle esigenze dell’amministrazione dell’Italia conquistata e delle province, vennero nominati altri 4 questori, detti Italici, a cui spettavano determinate competenze sulle regioni marittime.

Nella tarda repubblica, ai questori inviati nelle province. Dove rappresentavano la più alta autorità romana dopo il governatore,era di volta in volta attribuita con legge la titolarità dell’imperium e il titolo di quaestores pro consule o pro praetore. In quanto tali, però, i questori rimasero sempre, come agli inizi, magistrati privi di imperium.

Ultima nel cursus honorum, la questura rappresentava, inoltre, la tappa iniziale della carriera politica dei Romani.

Era consuetudine, normalmente, prima di accedere alle questure, impegnarsi nell’esercizio di qualcuna di quelle funzioni ausiliarie delle magistrature, i cui ausiliari vengono definiti vigintisexviri.

Essi assumevano funzioni di polizia alle dipendenze del pretore, visto il continuo dilagare della delinquenza comune, alimentata dalla continua crescita del proletariato urbano e dall’intenso flusso di schiavi.

Probabilmente, su questi criminali, sotto ordine del pretore, essi erano tenuti a svolgere una sorta di giustizia di polizia, una specie di repressione criminale che prescindeva da quelli che erano i loro diritti, anche quando si trattava di cittadini romani e non di stranieri.

Oltre alla vigilanza di polizia sulle città, particolarmente intensa durante la notte, dirigevano le carceri ed erano responsabili della custodia degli accusati in stato di detenzione.

Si occupavano, infine, di esigere dalle parti soccombenti le multe processuali.

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