A partire dalla creazione delle tre Comunità europee originarie (Ceca Cee e Euratom), il cui unico scopo era quello di garantire una cooperazione economica fra gli Stati membrisi sono realizzati numerosi passi avanti, che hanno portato ad una sempre più stretta cooperazione politica e giudiziaria.

Una prima evoluzione si è avuta con la Convenzione di applicazione dell’accordo di Shengen del 1985: essa ha portato alla creazione di un’area giudiziaria europea, all’interno della quale l’interesse alla collaborazione prevale sull’interesse del singolo Stato. Shenghen ha, inoltre, garantito enormi passi avanti in materia di lotta congiunta alla criminalità con la creazione dei S.I.S. (un sistema che permette rapidi scambi di informazioni fra gli Stati, con lo scopo di individuare i soggetti ricercati e stabilire contatti fra le autorità nazionali così da facilitarne l’arresto).

Non bisogna poi sottovalutare l’influenza che gli attentati dell’11 Settembre 2001hanno avuto a livello internazionale. Secondo gli studiosi una delle motivazioni che stanno alla base dell’introduzione del Mandato di Arresto Europeo è proprio l’intenzione di utilizzare il MAE come uno strumento di lotta al terrorismo internazionale.

E poi Trattato di Lisbona (entrato in vigore nel 2009), ha portato alla creazione di un’area giudiziaria europea, all’interno della quale l’interesse alla collaborazione prevale sull’interesse del singolo Stato ad estrinsecare la sua potestà punitiva.

Con il Trattato viene superata la struttura a tre pilastri, ponendo l’attenzione sul primato del diritto internazionale.

A livello processuale, si è stabilito non solo il riconoscimento reciproco delle decisioni adottate dai vari Stati membri (principio del mutuo riconoscimento) ma anche la possibilità del Parlamento e del Consiglio dell’Ue (art 69), di approvare misure finalizzare a riavvicinare e armonizzare le legislazioni dei singoli Stati, attraverso l’adozione di norme minime che definiscono reati e sanzioni in relazione a specifiche fattispecie delittuose particolarmente gravi e con dimensione transnazionale (ad es. reati di terrorismo, tratta di esseri umani, traffico illecito di stupefacenti ecc.)

 

Il minimo comune denominatore europeo del diritto processuale penale e i contenuti del Trattato di Lisbona

Il panorama delle fonti internazionali che incidono sulle norme di diritto processuale italiano è quanto mai vario. Per questo appare utile identificare il c.d. minimo comune denominatore del diritto penale processuale europeo.

A livello di fonti scritte rilevano: la Carta di Nizza (oggi recepita all’interno del Tratto di Lisbona); la Convenzione europea per la salvaguardia del diritti dell’uomo, la Convenzione europea di estradizione; la Convenzione europea per l’assistenza giudiziaria in materia penale; ma soprattutto bisogna fare i conti con il vasto panorama della giurisprudenza delle Corti europee che, pur se non direttamente vincolante per gli Stati rimasti estranei allo specifico contenzioso, si pone sempre quale criterio interpretativo generale e quale parametro di riferimento per i casi nuovi.

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