Nel rito ordinario recentemente riformato, se una parte, anche dopo la chiusura della prima udienza di trattazione, potesse liberamente rendere controversi fatti originariamente non contestati o ammessi, la controparte verrebbe a trovarsi nella difficile situazione di vedere risorgere a suo carico un onere della prova che non sarebbe in grado di assolvere, a meno che non abbia avuto l’accortezza di produrre documenti anche in ordine a fatti non controversi (contrasto con istanza semplificatoria). Proto Pisani sostiene quindi l’inammissibilità di contestazioni tardive delle parti costituite, ciò a meno di non volere stravolgere tutto l’equilibrio del sistema quale emerge dalle scelte di cui all’art. 183.
L’ammissione o la non contestazione della parte emersa nella prima udienza di trattazione può essere trasformata in contestazione tardiva nel successivo corso del giudizio solo qualora la mancata contestazione tempestiva dipenda da fatto non imputabili alla parte stessa (rimessione in termini ex art. 184 bis).
 Occorre comunque sottolineare che le osservazioni appena svolte concernono solo i processi relativi a diritti disponibili con parti costituite:
- qualora il processo abbia ad oggetto diritti indisponibili, al contrario, la non contestazione o ammissione non varranno mai a porre il fatto non contestato o ammesso fuori del thema probandum;
- quanto all’ipotesi di contumacia del convenuto, essa non equivale a non contestazione e pertanto non esonera l’attore dall’onere di provare i fatti costituitivi del diritto fatto valere in giudizio.