Consiste nel fatto di chiunque, dissimulando il proprio stato di insolvenza, contrae una obbligazione con il proposito di non adempierla , il quale, tuttavia, è punito soltanto qualora l’obbligazione non sia adempiuta (art. 641):

  • il soggetto attivo è chiunque (reato comune);
  • circa l’elemento oggettivo, presupposto della condotta è lo stato di insolvenza dell’agente al momento in cui contrae l’obbligazione, da intendersi come incapacità di soddisfare le proprie obbligazioni, quale che sia la natura della prestazione (dare o facere). Richiedendo tale presupposto, in particolare, il codice considera solo le ipotesi limite in cui le prospettive di adempimento appaiano fin dall’inizio praticamente nulle, tralasciando ipotesi di non poco conto (es. insolvenza successiva dolosamente preordinata).

La condotta, trattandosi di reato a condotta mista, si articola:

  • nella dissimulazione del proprio stato di insolvenza, con riferimento alla quale occorre sottolineare che nel diverso espediente usato dal reo per determinare la vittima a concedere il vantaggio sta la differenza tra insolvenza fraudolenta e truffa:
    • si ha insolvenza fraudolenta se lo stato di insolvenza è oggetto di mera dissimulazione, ossia di un comportamento idoneo a celare una situazione esistente (stato di ignoranza della vittima);
    • si ha truffa se lo stato di insolvenza è oggetto di artifici o raggiri, ossia di comportamenti idonei a far apparire o a simulare una situazione inesistente (stato di errore della vittima).

Esula dalla nozione di mezzo fraudolento il comportamento che, pur senza tradursi in un’espressa confessione dello stato di insolvenza, difetta di ogni attitudine anche soltanto a celare tale stato. In questo caso, quindi, chi pone in essere l’atto dispositivo non può essere considerato vittima dell’altrui frode;

  • nella contrazione di una obbligazione, la quale:
    • rispetto alle possibili fonti di cui all’art. 1173 c.c., deve derivare da contratto (a titolo oneroso);
    • deve essere valida, o quantomeno produttiva di effetti giuridici;
    • deve essere azionabile, ossia tutelata mediante azione;
    • deve essere commutativa o aleatoria, poiché anche in questo secondo caso l’agente ha pur sempre assunto un obbligo giuridico di adempire;
    • deve avere consistere in dare o facere, ma non in non facere, dal momento che un obbligazione di questo tipo risulta essere sempre solvibile);
  • nell’inadempimento dell’obbligazione contratta, con riferimento al quale occorre precisare che la nozione civilistica e quella penalistica di inadempimento non coincidono completamente. Circa il dibattuto problema della qualificazione dogmatica dell’inadempimento, esso va inteso come elemento costitutivo e non come condizione di punibilità, come potrebbe far pensare la formula condizionale dell’art. 641 ( col proposito di non adempiere );
  • circa l’elemento soggettivo, trattasi di reato a dolo generico (intenzionale), richiedendo la coscienza e volontà di dissimulare il proprio stato di insolvenza e di contrarre un’obbligazione e l’intenzione iniziale (dolo iniziale) di non adempiere;
  • l’evento è quadruplice, in quanto la condotta dissimulatrice deve essere causa di quattro progressivi effetti:
    • dello stato di ignoranza in cui viene mantenuta la vittima circa lo stato di insolvenza del reo;
    • del compimento dell’atto dispositivo da parte della vittima, requisito tacito ma parimenti essenziale, essendo l’insolvenza fraudolenta reato con la cooperazione della vittima che consiste nella prestazione concernente un dare, un facere, un pati o un non facere;
    • del danno patrimoniale della vittima, requisito essenziale del reato e insito nel fatto che un contratto a titolo oneroso è stato da quella adempiuto e non adempiuto dall’agente (reato di danno);
    • del profitto ingiusto dell’agente, anch’esso requisito implicito insito nel fatto di avere ricevuto una prestazione senza alcuna controprestazione;
    • la perfezione si ha nel momento e nel luogo dell’inadempimento. Il tentativo, pur trattandosi di reato plurisussistente di danno, non risulta essere configurabile.

Il reato è estinto dall’adempimento tardivo, ossia dell’adempimento avvenuto dopo la scadenza del termine ma prima della condotta definitiva (art. 641 co. 2). Trattasi di causa di non punibilità sopravvenuta, costituendo un incentivo per l’eliminazione dell’offesa patrimoniale.

Trattamento sanzionatorio: il reato è punibile a querela, con la reclusione fino a 2 anni o la multa fino a € 516.

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