Il 2113 fondamentalmente riprende il principio dell’inderogabilità dei contratti collettivi. Non potendo rinunciare a propri diritti, il lavoratore vede rafforzato un suo interesse, rappresentato da un minimo inderogabile di trattamento. (Le disposizioni degli artt. 1418-1419-2113 non hanno fondamento, tuttavia, nell’incapacità di agire del prestatore.).

L’invalidità delle rinunzie e delle transazioni si prospetta, così, come un limite imposto all’autonomia negoziale in funzione dell’effettivo soddisfacimento di interessi la cui realizzazione può essere impedita dalla posizione di debolezza contrattuale, nel quale il lavoratore si trova nel corso del rapporto, quanto successivamente all’estinzione di esso.

Sono valide transazioni e rinunce in sede di conciliazione delle controversie individuali. Gli istituti della “certificazione” sono competenti a certificare tali rinunzie e traslazioni a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse.

Le transazioni collettive, concluse dal sindacato per più lavoratori in assenza di un mandato, necessitano dell’adesione individuale.

 

Il negozio di rinunzia ed il contratto di transazione. Le quietanze a saldo. La rinunzia tacita

Dalle rinunce e dalle transazioni bisogna tenere distinte le c.d. quietanze a saldo o quietanze liberatorie, con le quali il prestatore dichiara di aver ricevuto nulla, attestando di essere soddisfatto di ogni spettanza e di non avere nulla a pretendere, rinunciando a pretese future.

L’art. 2730 nega ogni rilevanza di tali atti, circoscrivendone l’efficacia al solo caso di “avvenuto pagamento”.

La rinunzia tacita consiste nella possibilità di ravvisare nel comportamento del lavoratore una manifestazione indiretta della volontà di rinunciare ad un proprio diritto. E’ vietata anch’essa dall’ art. 2113. Concludendo, si ravvisa nel 2113 la norma cardine della disciplina delle controversie stragiudiziali di lavoro.

 

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