Introduzione

Il fenomeno dell’eccedenza e della riduzione di personale è collegata alla tutela del diritto di lavoro.

Occorre sottolineare che il sistema economico è caratterizzato dall’andamento ciclico dell’economia e, specie nell’epoca più recente, dai processi di ammodernamento della produzione, delle tecnologie e dei sistemi organizzativi, indotti dalla globalizzazione dell’economia.

In questa realtà, il continuo adeguamento alla domanda di mercato e soprattutto il costante dimensionamento dei livelli occupazionali, in ragione dell’effettivo fabbisogno di forza lavoro, rappresentano un’esigenza assoluta per le imprese, per poter sopravvivere nel mercato. Basti l’esempio del settore dei manufatti, dove, per contrastare la concorrenza dei Paesi in via di sviluppo sul versante del minor costo del lavoro (spesso ottenuto con lo sfruttamento della manodopera), i Paesi più industrializzati, Italia compresa, sono costretti a ridurre costantemente il numero degli addetti.

La disciplina delle eccedenze di manodopera è dunque una materia cruciale, nella quale si confrontano, da un lato, gli interessi confliggenti all’occupazione e, dall’altro, l’esercizio dell’attività economica. Bisogna tener presente che si tratta di interessi entrambi costituzionalmente rilevanti.

Da osservare che il ruolo centrale nel governo delle eccedenze personale è svolto dall’autonomia collettiva, ma occorre altresì sottolineare che gli interessi generali coinvolti dalle vicende in esame hanno richiesto interventi legislativi sia di supporto alle imprese, che di tutela del reddito e dell’occupazione dei lavoratori..

 

L’evoluzione storica della disciplina delle eccedenze di personale

Questi interventi legislativi si sono affiancati con quelli espressi dall’autonomia collettiva, seguendo un’evoluzione storica.

La prima fase inizia con la soppressione del blocco dei licenziamenti e l’istituzione (1945) della gestione ordinaria della Cassa integrazione guadagni (CIG) e colloca la previsione dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale nell’ambito esclusivamente contrattuale della disciplina interconfederale accanto a quella dei licenziamenti individuali.

In questa fase la CIG assolve alla funzione di evitare che di fronte ad eventi transitori ed eccezionali il datore di lavoro sia costretto a licenziare e di garantire che i lavoratori possano conservare sia il posto di lavoro che il reddito.

Nella seconda fase, successiva alla L. 15 luglio 1966, n. 604, sui licenziamenti individuali, si pone il problema della delimitazione dell’ambito di applicazione della disciplina contrattuale dei licenziamenti collettivi. Nel 1968 la gestione straordinaria della CIG si sviluppa come strumento di intervento di lunga durata a sostegno del reddito dei lavoratori. Parallelamente viene elaborata una complessa disciplina a sostegno dell’occupazione.

La terza fase è quella aperta dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, nella quale si assiste ad una risistemazione della normativa sull’intervento straordinario della Cassa integrazione guadagni.

Inoltre si procede ad una legificazione della materia dei licenziamenti collettivi.

Il passaggio dalla seconda alla terza fase si giustifica con l’intento del legislatore di segnare uno spartiacque rispetto al ventennio precedente, durante il quale fu indotto un potenziamento degli interventi dello stato sociale.

Occorre sottolineare che proprio il rilievo centrale che la materia in esame acquisisce sul piano del conflitto sociale non ha consentito una stabilità dell’assetto normativo introdotto con la L. n. 223 del 1991, a fronte della perdurante instabilità del quadro economico.

Altro aspetto da sottolineare è che il legislatore è intervenuto per promuovere la sperimentazione di nuove specie di ammortizzatori sociali regolate e gestite dalla contrattazione collettiva.

La L. 23 dicembre 1996, n. 662 ha previsto che con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro del tesoro vengano definite misure sperimentali per il perseguimento di politiche di sostegno del reddito e dell’occupazione. In nuovi settori di intervento, si tende al superamento delle tradizionali forme di garanzia del reddito di tipo esclusivamente pubblicistico e ad un maggior coinvolgimento delle parti sociali attraverso la previsione di forme di previdenza volontaria.

Tutte queste forme di integrazione del reddito dei lavoratori sono ormai comunemente chiamate “ammortizzatori sociali in deroga”, proprio perchĂ© derogatori del regime generale e, aspetto che merita di essere sottolineato, spesso vengono concessi con riferimento a imprese che non hanno mai contribuito finanziariamente a questo sistema previdenziale.

L’occasionalitĂ  e straordinarietĂ  di questi interventi, oltre alla scarsa equitĂ  del sistema complessivo avevano condotto, in attuazione del Protocollo del 22 luglio 2007, alla delega legislativa al Governo per una riforma complessiva del sistema di ammortizzatori sociali, ma tale delega non è stata esercitata. Ciò che piĂą rileva al momento, è che gli effetti occupazionali della crisi economica mondiale hanno imposto d’intervenire nuovamente in modo massiccio con nuovi ammortizzatori in deroga.

Tra queste novitĂ  va annoverata in particolare la facoltĂ  riconosciuta per l’anno 2009 al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di concedere e prorogare, in deroga alla normativa generale, anche senza soluzione di continuitĂ , trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilitĂ  e di disoccupazione speciale, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi.

Inoltre, ai lavoratori dipendenti da aziende non rientranti nell’ambito di ap¬plicazione della CIGS, sospesi dal lavoro per crisi aziendale o occupazionale, è stata riconosciuta l’indennitĂ  di disoccupazione ordinaria, con requisiti normali o ridotti, a condizione che almeno il 20% di tale indennitĂ  sia corrisposto dagli enti bilaterali istituiti dalla contrattazione collettiva e fino alla concorrenza delle risorse disponibili di questi enti. In relazione a quest’ultimo tipo di ammortizzatori, ne è stata estesa l’applicabilitĂ  anche agli apprendisti69 ed ai lavoratori somministrati.

Infine, in via sperimentale per il biennio 2009 – 2011, anche ai lavoratori coordinati e continuativi che lavorino in regime di monocommittenza (e che soddisfino una serie di requisiti contributivi) è stata riconosciuta una ‘indennitĂ ’ pari al 10% del reddito percepito nell’anno precedente, per il solo caso di fine lavoro. Per questi lavoratori autonomi si tratta di un primo riconoscimento del diritto ad un’indennitĂ  di disoccupazione straordinaria, sia pure di entitĂ  quasi irrisoria.

Si sottolinea, in ultimo, che la concessione degli ammortizzatori in deroga, come di ogni istituto di sostengo al reddito, è stata condizionata alla sottoscrizione da parte del lavoratore di una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o ad un percorso di riqualificazione professionale.

 

Lascia un commento