Il lavoro intermittente consiste in una prestazione di lavoro che si svolge per il periodo corrispondente all’eventuale richiesta del datore, comunque non tenuto ad avvalersene; ne consegue che la principale obbligazione non consiste nello svolgimento della prestazione, che potrebbe anche non esservi, ma nello stare a disposizione del datore in attesa della chiamata. L’obbligazione in esame contrasta sia con l’ art. 2094 cc (che fa riferimento ad un’obbligazione di fare, non di semplice attesa), che con la stessa dignità del lavoratore e quindi con l’art. 41 cost. 2 comma. Oltre che in presenza delle esigenze individuate dai contratti collettivi, il lavoro intermittente e ammissibile, titolo sperimentale, da soggetti in stato di disoccupazione, escluse dal ciclo produttivo oppure iscritti nelle liste di mobilità.

Nullità della clausola

Il lavoro intermittente è vietato per la sostituzione di lavoratori in sciopero, in caso di licenziamenti collettivi nei sei mesi antecedenti e per scopi punitivi . La violazione dei limiti dà luogo alla sola nullità della clausola della prestazione intermittente, con rilevanza di un normale rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell’ art. 1419 comma 2. In mancanza dell’atto scritto o di altra prova riferita agli elementi del contratto relativi alle prestazioni intermittenti, il contratto deve intendersi come normale rapporto di lavoro subordinato, a tempo parziale o a tempo pieno, a seconda dei casi concreti.

Diritti e obblighi delle parti

Secondo l’ art. 38 del d.lgs. 276/03, per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore, lo stesso non è titolare di alcun diritto riconosciuto e lavoratori subordinati, né matura alcun trattamento economico oltre l’indennità di disponibilità. L’indennità di disponibilità, dovuta a anche nei periodi di svolgimento della prestazione in aggiunta alla retribuzione, presenta natura retributiva poiché sull’indennità di disponibilità vengono versati i contributi previdenziali; ma, per contro, non è dovuta nei periodi di sospensione. Il principio di non discriminazione o di parità di trattamento previsto solo per le ore lavorative.

Inadempimenti del lavoratore

Nel caso in cui il lavoratore non risponda alla chiamata, ne derivano:

  • la risoluzione del rapporto
  • la restituzione della quota di indennità eventualmente già recepita, relativa al periodo successivo rifiuto
  • il risarcimento del danno per il mancato guadagno in ragione della mancata prestazione

Nel caso di mancata informazione dello stato di malattia o di altra causa di esigibilità della prestazione, deriva la perdita dell’indennità per il periodo di 15 giorni (in deroga all’ art. 7 st. lv.).

 

Ipotesi speciali

Altra ipotesi di lavoro intermittente e quella relativa al lavoro di fine settimana, nel periodo di ferie, di vacanze natalizie o pasquali. L’indennità di disponibilità non è dovuta se il datore non dà luogo ad alcuna chiamata, nonostante l’obbligazione della messa a disposizione. Ulteriori ipotesi potrebbero essere stabilite da contratti collettivi. Dall’art. 36 si desume che le prestazioni intermittenti potrebbero configurarsi anche in mancanza di un obbligo del prestatore di rispondere alle chiamate. Si tratta di un’ipotesi anomala, in quanto manca sia l’obbligo del datore di chiamare sia l’obbligo del prestatore di rispondere e di tenersi a disposizione.

 

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