Tra i regimi speciali di avviamento al lavoro, una particolare rilevanza sociale è rivestita dal “collocamento mirato” dei disabili. In coerenza con i nuovi indirizzi adottati in materia di servizi per l’impiego, la legge 68 del 1999 ha perseguito l’obiettivo della “promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”.

Il sistema del “collocamento mirato” è costituito da un insieme “di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzione dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione”.

A questi fini, sono considerati disabili: i soggetti affetti da menomazioni fisiche, psichiche, sensoriali e intellettive “che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento”; gli invalidi la cui “capacità di lavoro”, in occupazioni “confacenti” alle loro “attitudini”, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo; gli invalidi del lavoro “con un grado di invalidità superiore al 33 per cento”; le persone non vedenti e sordomute e gli invalidi di guerra, militari e civili.

L’obbligo di assunzione grava su tutti i “datori di lavoro pubblici e privati” che occupino 15 o più dipendenti, ma in modo differenziato a seconda della dimensione dell’organico. Precisamente, chi occupa più di 50 dipendenti, deve assumere “disabili” in numero pari al 7 per cento dei lavoratori occupati; quando, invece, sono occupati da 36 a 50 e da 15 a 35 dipendenti, i “disabili” da assumere sono, rispettivamente, due e uno.

Ai fini dell’assolvimento di tale obbligo, sono computabile anche i dipendenti divenuti disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, pur non essendo stati assunti tramite il collocamento obbligatorio, a condizione che la riduzione della loro capacità lavorativa sia superiore al 60%, o soffrano di minorazioni specificamente individuate, o di una “disabilità intellettiva e psichica” con riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%.

Per contro, ai fini dell’assolvimento della “quota” di posti di lavoro riservati ai disabili, non sono computabili i lavoratori che diventino inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia, nel caso in cui abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60% e in tutti i casi in cui l’inabilità sia stata causata dall’inadempimento del datore di lavoro alle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro.

I datori di lavoro che abbiano più unità produttive, ed i datori di lavoro che esercitino imprese facenti parte di un “gruppo”, possono operare una “compensazione” tra il numero di disabili assunti in ciascuna singola unità produttiva, o impresa. Cosicché i disabili eventualmente assunti in eccedenza (rispetto alla quota) in una di esse sono utilizzabili per coprire l’insufficiente numero di disabili assunto presso altra unità produttiva dello stesso datore di lavoro, o altra impresa dello stesso “gruppo”.

Infine, l’obbligo di assumere “disabili” è temporaneamente sospeso nei confronti delle imprese che abbiano ottenuto interventi di integrazione salariale o abbiano avuto una procedura di mobilità. Per quanto riguarda le modalità dell’assunzione, questa avviene o mediante richiesta di avviamento agli uffici competenti, ovvero mediante la stipula di convenzioni con gli stessi uffici. Il decreto legislativo 151 del 2015 ha introdotto la regola che la richiesta di avviamento sia “nominativa”, e che possa essere preceduta dalla domanda agli uffici competenti di effettuare una preselezione tra i soggetti aventi diritti che siano interessati alla specifica occasione di lavoro.

Soltanto nel caso di mancata assunzione entro il termine di 60 giorni dal momento in cui è sorto l’obbligo di assumere, gli uffici competenti avviano al lavoro un disabile in possesso della qualifica richiesta o di altra qualifica “concordata” con il datore di lavoro; ove ciò risulti impossibile, può essere avviato un lavoratore di qualifica “simile”, secondo l’ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio.

Periodicamente, i datori di lavoro devono altresì inviare agli uffici competenti un “prospetto informativo” sulla situazione dell’organico e tale prospetto, ove da esso risulti una divergenza rispetto alla quota di obbligo, è considerato dalla legge atto idoneo a configurare una richiesta di avviamento per il numero di disabili mancanti. Con la “convenzione”, invece, il datore di lavoro concorda con gli uffici competenti un programma “mirato al compimento degli obiettivi occupazionali” perseguiti dalla legge secondo “tempi” e “modalità” più flessibili.

Sono consentite, inoltre, anche specifiche convenzioni (definite, rispettivamente, di “inserimento lavorativo temporaneo con finalità formative” e “convenzioni di inserimento lavorativo”) in base alle quali il datore di lavoro può assolvere, in parte, i propri obblighi di assunzione impegnandosi ad affidare commesse di lavoro a soggetti disponibili ad assumere le persone disabili. La violazione degli obblighi di assunzione è punita con l’irrogazione di sanzioni amministrative, oltreché con l’esclusione dalla partecipazione a bandi per appalti pubblici e da rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni.

La tutela legale dei disabili, peraltro, ha ad oggetto anche lo svolgimento del rapporto di lavoro. A tutela della salute e della conservazione del posto di lavoro, il datore di lavoro non può richiedere al disabile “una prestazione non compatibile con le sue minorazioni”. Ove venga accertato che le condizioni di salute del disabile siano divenute incompatibili con la prosecuzione della prestazione lavorativa, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto fino a quando persista tale incompatibilità.

Il datore di lavoro può, quindi, licenziare il disabile soltanto quando l’apposita commissione prevista dalla legge accerti che, pur “attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro” sia definitivamente impossibile reinserire il lavoratore all’interno dell’azienda. In ogni caso, al datore di lavoro non è consentito il recesso per giustificato motivo oggettivo, o per riduzione di personale, qualora, all’atto della cessazione del rapporto, risulti scoperta la quota di posti di lavoro da riservare ai disabili.

Il potere di recesso del datore di lavoro è, infine, limitato anche nel caso di lavoratori che non siano stati assunti obbligatoriamente e che siano divenuti disabili durante il rapporto di lavoro per infortunio sul lavoro o malattia professionale. In questa ipotesi, l’infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento ove il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori.

 

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