Si può ritenere che la riforma del lavoro pubblico abbia determinato una vera e propria trasformazione del rapporto, ma che non abbia per contro eliminato i profili di specialità.

A) Tale specialità è ben evidenziata dalle norme concernenti il sistema delle fonti di disciplina dei rapporti di lavoro e le relazioni sindacali. E’ stata apprestata una particolare disciplina al fine:

di garantire la contrattazione collettiva da possibili interventi soppressivi o limitativi da parte del legislatore;

di evitare il ripetersi di fenomeni di sovrapposizione regolativi tra contratto e legge (e più spesso “leggine” microsettoriali).

Per tale motivo, il legislatore ha previsto una speciale salvaguardia della contrattazione collettiva, dotandola di una particolare forza di resistenza nei confronti di successivi interventi del legislatore.

Dopo aver ribadito che i rapporti di lavoro sono regolati contrattualmente, ha stabilito, in primo luogo, che le norme di legge intervenute dopo la stipula di un contratto collettivo possono essere derogate da successivi contratti collettivi e, per la parte derogata, divengono inapplicabili; invece, per le norme di legge e di regolamento o per gli atti amministrativi che attribuiscano incrementi retributivi, è disposta l’automatica cessazione di efficacia a far data dal successivo contratto collettivo. In secondo luogo, la legge ha precisato che le norme privatistiche si applicano ai rapporti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, “fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto”, così delimitando gli elementi di specialità del rapporto di lavoro pubblico agli istituti espressamente previsti dalle norme del D. lgs. n. 165 del 2001.

Altra norma di rilievo è quella che stabilisce limiti al contenuto del contratto di lavoro pubblico, richiamando i princìpi stabiliti in materia di trattamento economico. Questo è fissato esclusivamente dai contratti collettivi ovvero dai contratti individuali, alle condizioni previste da quelli collettivi. In ogni modo, ai dipendenti pubblici deve essere garantito un trattamento economico non inferiore ai minimi previsti dai contratti collettivi. Il vincolo alla parità di trattamento dei pubblici dipendenti ed il divieto di erogazioni economiche unilaterali così stabilito sembrano configurare limiti esterni imposti, a tutela di un interesse pubblico, all’autonomia della pubblica amministrazione come privato datore di lavoro.

B) Il legislatore ha individuato nella qualifica dirigenziale e nelle relative responsabilità uno dei punti nodali della riforma. Al riguardo, appare la distinzione tra responsabilità di indirizzo politico e responsabilità di direzione amministrativa, considerata come garanzia di efficienza della P.A.

Un elemento di particolare rilievo della riforma è quello relativo alla ridefinizione del rapporto di lavoro dei dirigenti, investiti del ruolo di interpretare l’interesse dell’amministrazione nella gestione del rapporto di lavoro. Con il D.Lgs. n. 80 del 1998 è stato contrattualizzato anche il rapporto di lavoro dei dirigenti generali.

I dirigenti sono responsabili del risultato dell’attività svolta dagli uffici ai quali sono preposti, della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati, della gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali loro assegnate. La legge ha previsto che anche i dirigenti cui non sia stato assegnato un incarico di direzione di uffici dirigenziali possano svolgere, su richiesta, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca. Si deve anche dire che, al fine di fronteggiare l’esigenza di affidare funzioni direttive a personale privo di qualifica dirigenziale, nella complessa organizzazione degli uffici amministrativi, è stato attribuito ai contratti collettivi il compito di dar vita alla c.d. area di vice-dirigenza, nella quale ricomprendere il personale laureato appartenente da almeno cinque anni ai livelli più alti della categoria impiegatizia.

C) Il D.Lgs. n. 165, oltre a precisare che la L. 20 maggio 1970, n. 300 si applica alle pubbliche amministrazioni indipendentemente dal numero dei dipendenti, per quanto riguarda il rapporto di lavoro ribadisce che esso è disciplinato dalle disposizioni civilistiche e dai contratti collettivi.

Il legislatore, tuttavia, interviene a regolamentare alcuni istituti ritenuti di particolare rilievo.

1) L’assunzione, va detto, avviene con contratto individuale di rapporto d lavoro nel rispetto dell’obbligo del concorso. La legge, a tal proposito, ha previsto due differenti procedure di reclutamento. Una limitata alle qualifiche per le quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo; un’altra tramite procedure molto selettive, rivolte all’accertamento della professionalità richiesta dalle posizioni da ricoprire. Per queste ultime i princìpi da adottare per il reclutamento sono dettati dalla massima trasparenza di valutazione ed imparzialità, oltre al rispetto delle pari opportunità tra lavoratori.

E’ da annoverare anche il il part–time. In base alla L. 23 dicembre 1996, n. 662 la trasformazione in part-time può avvenire a richiesta del lavoratore. L’amministrazione di appartenenza può negare tale trasformazione solo quando l’ attività esterna comporti conflitto di interessi con quella di servizio o differirla di sei mesi se la trasformazione può arrecare grave pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione stessa.

Se la prestazione lavorativa residua non è superiore al 50% della prestazione normale, è consentito al lavoratore altresì lo svolgimento di attività di lavoro autonomo o subordinato nonché l’iscrizione in albi professionali.

Va sottolineato che il rapporto di lavoro part-time nel settore pubblico continua ad essere soggetto alla disciplina dettata dal D. Lgs. 61 del 2000, come modificato dal D. Lgs. 100 del 2001, in quanto le modifiche apportate dal D. Lgs. 276 del 2003 di riforma del lavoro non è applicabile alle pubbliche amministrazioni.

3) Per lo stesso motivo, appena citato, alle pubbliche amministrazioni è stato consentito di accedere alle tipologie contrattuali di lavoro flessibile, ma con una riduzione di applicazioni rispetto al settore privato. Le amministrazioni pubbliche, cioè, possono utilizzare solo alcuni dei contratti subordinati di tipo flessibile utilizzabili nel settore privato, e precisamente il contratto di lavoro a tempo determinato, la somministrazione a tempo determinato, nonché il contratto di formazione e lavoro. E’ bene precisare che, il ricorso a tali contratti può avvenire “solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti l’assegnazione di personale anche temporanea” (nonché previa valutazione dell’opportunità di attivare contratti per la somministrazione di personale a tempo determinato, anche ricorrendo ad appalto di servizi esterni).

Inoltre, non essendo applicabile alle amministrazioni pubbliche il ricorso al lavoro a progetto, esse possono fare ricorso ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Imparzialità e qualità della selezione devono essere i punti fermi delle tipologie flessibili delle pubbliche amministrazioni, e per questo si accede all’impiego tramite concorsi. Ciò deve accadere anche in caso di lavoratori assunti con contratto a termine e con contratto di formazione e lavoro. E’ bene precisare, ulteriormente, che l’assunzione o l’impiego di lavoratori a tempo determinato della pubblica amministrazione non potrà in nessun caso dar vita alla costituzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

4) Il legislatore ha inoltre regolato la responsabilità e il potere disciplinare in modo sostanzialmente analogo a quello previsto dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, in particolare attraverso l’originale previsione di una sorta di patteggiamento e con la devoluzione delle funzioni del collegio di conciliazione e arbitrato di cui all’art. 7 al collegio di conciliazione specificatamente disciplinato per le controversie dei lavoratori ppubblici.

5) Anche la disciplina delle mansioni presenta notevoli particolarità rispetto a quella fissata per il lavoro privato dall’art 2103 c.c.. Si è infatti specificato che il dipendente pubblico deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni “considerate equivalenti”. L’assegnazione a mansioni superiori, anche se illegittima, attribuisce al dipendente il diritto al maggior trattamento retributivo, ma non costituisce mai il presupposto del diritto alla promozione.

6) Anche per le eccedenze di personale è stata dettata una disciplina speciale simile a quella del settore privato. Alla rilevazione di eccedenze di personale corrisponde un collocamento in disponibilità per la durata massima di 24 mesi del personale che non sia stato possibile utilizzare altrimenti. Però, a differenza che per i lavoratori privati collocati in mobilità, il collocamento “in disponibilità” non risolve il rapporto di lavoro e l’indennità (80% della retribuzione base) di cui godono i lavoratori interessati resta a carico dell’amministrazione di provenienza sino alla riutilizzazione del lavoratore.

D) Profili di specialità sono, infine, rinvenibili nella disciplina delle controversie relative al rapporto di lavoro pubblico.

Sappiamo che si è realizzato il trasferimento della giurisdizione sulle controversie del lavoro pubblico al giudice ordinario. Più precisamente, in base alla nuova disciplina, restano devolute alla cognizione del giudice amministrativo solo le controversie in materia di concorsi per le assunzioni e quelle relative ai rapporti di lavoro non contrattualizzato, mentre le controversie concernenti l’assunzione ma non relative a concorsi passano anch’esse al giudice ordinario.

Al giudice ordinario sono attribuite le controversie per la repressione del comportamento antisindacale delle pubbliche amministrazioni e alla procedura di contrattazione collettiva. Infine, anche per le controversie relative ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni è stato introdotto un tentativo obbligatorio di conciliazione.

 

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