Il modello dell’obbligazione senza prestazione ancor più di recente è stato rilevato dalla Corte di cassazione in una sentenza a Sezioni unite (9346/2002), nel rapporto tra allievo e precettore quando tale rapporto si trovi inquadrato – alla stessa maniera di quanto abbiamo visto per la prestazione sanitaria – nella cornice di altri due rapporti, quello dell’allievo con l’istituto e quello del precettore con lo stesso istituto presso il quale svolge la propria attività come prestatore di lavoro subordinato.

{In senso conforme Cass. 11245/2003, con nota di Ilaria Carassale: mentre in questa decisione la Corte, confermando la sua giurisprudenza, a proposito di un danno autocagionato da un bambino in un asilo nido, ha affermato che tra vigilante e bambino si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico con uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, Ilaria Carassale non accenna minimamente all’obbligazione senza prestazione, che è la categoria alla quale si rifà la giurisprudenza che afferma l’esistenza di un rapporto obbligatorio da cosiddetto contatto sociale.

Certo c’entrano gli obblighi di protezione, richiamati dall’annotatrice, ma l’obbligazione senza prestazione indica un configurarsi particolare di questi}.

Per Cass. S.U. 9346/2002, nel caso di lesione provocata dall’allievo a se stesso durante le ore in cui si svolge il suo apprendimento presso l’istituto appare corretto ricondurre la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante nell’àmbito della responsabilità contrattuale.

Ciò perché “quanto all’istituto scolastico, l’accoglimento della domanda di iscrizione” determina “l’instaurazione di un vincolo negoziale”, e quanto al precettore dipendente dall’istituto scolastico, perché “tra precettore ed allievo si instaura pur sempre, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell’ambito del quale il precettore assume […] uno specifico obbligo di protezione e di vigilanza”.

Il precettore e l’allievo si trovano dunque in un rapporto obbligatorio senza prestazione, nel quale il precettore, benché non sia tenuto nei confronti dell’allievo ad educarlo ed istruirlo, poiché ha assunto questo obbligo di prestazione nei confronti dell’istituto, è tenuto direttamente nei confronti dell’allievo ad adottare ogni accorgimento idoneo a proteggerlo.

Nella controversia specifica, però, la Cassazione non ha tratto vantaggio dalla sua stessa ricostruzione, rimanendo prigioniera dell’impostazione data dalle parti alla questione della responsabilità, ed in particolare se il 2048 (Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte) e la presunzione in esso contenuta, che rovescia sul precettore l’onere di provare di non aver potuto impedire il fatto, si applichi anche ai fatti dannosi dei quali l’allievo sia in pari tempo autore e vittima.

La Suprema corte nega che la norma sia applicabile alla fattispecie.

Però poi soggiace alla conseguenza trattane dalla Corte d’appello, che allora la norma applicabile sia il 2043 (Risarcimento per fatto illecito), ed all’ulteriore conseguenza che allora sia la vittima a dover provare una colpa dell’insegnante, laddove in base a ciò che la stessa Cassazione afferma, dovendo ascriversi la responsabilità dell’insegnante alla specie contrattuale, sarebbe da applicare il 1218 (Responsabilità del debitore), e perciò l’insegnante dovrebbe fornire la prova dell’impossibilità di protezione per causa ad esso non imputabile (non la mancanza di colpa, come invece afferma Francesco Di Ciommo).

 

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