Fortunatamente una nuova stagione del danno non patrimoniale non ha bisogno di questo passaggio costituito dalla revisione del nesso tra il 2059 c.c. ed il 185 c.p.

Il legame tra le due norme è semplicemente storico, ma di una storia ormai superata.

Lo ha detto Giovanni Ferri e lo ha ribadito Cassazione 8828/2003, che radica il danno alla persona che non sia costituito da lesione della salute nella stessa Costituzione, che ha dato riconoscimento al diritto alla salute, ricorrendo al 2 come luogo normativo sintetico della persona coi suoi attributi che non abbiano trovato più specifica protezione nella stessa Costituzione.

La Corte dice che non sembra proficuo ritagliare all’interno della categoria generale del danno non patrimoniale specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo: ciò che rileva in riferimento al 2059 è l’ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, dal quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica.

La Corte completa il discorso con l’assunto che quando vengono in considerazione valori personali di rilievo costituzionale, deve escludersi che il risarcimento del danno non patrimoniale che ne consegue sia soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata al 185 c.p.

Questo è quanto avevo sostenuto.

Ormai ogni fatto che può essere qualificato come lesione della persona che risulti costituzionalmente rilevante obbliga al risarcimento del danno non patrimoniale che ne sia conseguito.

Se, come aveva già detto Corte cost. 184/1986, il 32 Cost. tutela la salute come diritto fondamentale del privato, e tale diritto è primario e pienamente operante anche nei rapporti tra privati, allo stesso modo come non sono configurabili limiti alla risarcibilità del danno biologico, quali quelli posti dal 2059, essi non saranno configurabili relativamente alla risarcibilità del danno conseguente alla lesione di diritti altrettanto costituzionalmente tutelati.

{In questi termini l’orientamento di tutela della persona si rivela parallelo all’evoluzione verificatasi nell’ordinamento tedesco, nel quale la giurisprudenza del BGH riconosce come risarcibile un danno conseguente alla lesione del diritto generale della personalità come diritto costituzionalmente garantito volto a tutelare la dignità e l’onore della persona.

Non si tratta del tradizionale Schmerzsensgeld, o danno morale, disciplinato dall’ora abrogato § 847 BGB: il fondamento normativo della responsabilità è costituito dal § 823 comma I BGB}.

Sul punto le cose devono riputarsi cambiate rispetto al modello instauratosi in seguito a Corte cost. 184/1986: quest’ultima sentenza distingue tra danno biologico e danno morale subiettivo, definito come quello che si sostanzia nel transeunte turbamento psicologico del soggetto offeso ed ascritto al 2059.

Di tale danno Corte cost. 293/1996 disse che non essendo assistito dalla garanzia del 32 Cost., può essere discrezionalmente limitato dal legislatore a determinate ipotesi, come quelle sanzionate dal 185 c.p., cui rinvia sotto questo aspetto il 2059.

Sennonché la successiva messa in evidenza della persona coi suoi attributi, garantiti costituzionalmente analogamente alla salute, ha affrancato da detti limiti proprio il danno non patrimoniale che sia conseguenza della violazione di tali altri diritti.

Esso può dirsi la normale conseguenza della lesione della persona tutelata nelle molteplici manifestazioni del suo essere (la tranquillità, la serenità, la riservatezza, il diritto di esser lasciata in pace, etc.).

Ma il danno non patrimoniale non è solo quello che consegue alla violazione di diritti costituzionalmente protetti.

Persiste un danno non patrimoniale nel senso tradizionale: basta pensare in tal senso a quello che si può accordare agli enti morali (di cui dice Cass. 8828/2003 che evidentemente va inteso in senso diverso dal danno morale soggettivo, perché per le persone giuridiche non è ontologicamente configurabile un coinvolgimento psicologico in termini di patemi d’animo), oppure, con riguardo alla persona fisica, a quello che può nascere dalla c.d. falsa luce, una rappresentazione distorta della persona che di per sé non ne leda l’onore, ma che solo non corrisponda a verità; e poi ancora ai tradizionali diritti della personalità, il diritto al nome, il diritto all’immagine, la cui violazione non necessariamente integra quella dei diritti della persona nel senso costituzionale del termine; infine al danno non patrimoniale da lesione di diritti patrimoniali.

Ora è con riguardo a questo, che possiamo chiamare danno non patrimoniale in senso tradizionale, che residua la questione del rinvio implicito del 2059 al 185 c.p.

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