Alla luce degli effetti che la legge vi riconnette, il danno in questione deve dirsi non patrimoniale.

Conclusione che trova conferma anche nell’analisi della fattispecie.

È chiaro che se ci si riferisce al singolo albero illecitamente abbattuto od alla fauna distrutta, si può ben parlare di danno patrimoniale.

Ma non è questo il danno ambientale: se si fosse avuto riguardo a simili ipotesi, non sarebbe occorsa una norma nuova e specifica quale il 18 l. 349/1986, risultando entro tali limiti sufficiente la gamma delle norme contenute nel Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo IX (Dei fatti illeciti) del Codice civile.

Ma “ambiente” come “paesaggio”, come “habitat”, come “bellezze naturali”, è categoria di relazione, che esprime il reciproco porsi di una serie di elementi i quali solo nel loro insieme sono in grado di costituire un valore altro da quello che coincide con la somma dei singoli componenti; valore che, proprio in quanto espressivo della relazione di cui s’è detto, risulta intraducibile mediante parametri economici.

Secondo certa dottrina la qualificazione patrimoniale potrebbe essere riferita a beni giuridici insuscettibili di valutazione economica.

Ma un tentativo del genere, fuorviato dall’idea ormai superata che sia risarcibile solo il danno patrimoniale, è rimasto un’inutile velleità.

Se il danno all’ambiente è costituito dall’incrinatura della relazione in cui quest’ultimo consiste, onde esso non può essere confuso col danno arrecato ai singoli elementi della relazione, una volta chiaro che la lesione di quanto è suscettibile di valutazione economica deve continuare a considerarsi patrimoniale, si deve concludere per la natura non patrimoniale di tale danno, per il richiamo che la relazione “ambiente” innesca direttamente alla persona.

Che si tratti di danno non patrimoniale è confermato dagli effetti che la legge riconnette ad esso, effetti che sembrano riferirsi proprio al danno non patrimoniale sotto un duplice profilo: da un lato per la valutazione equitativa alla quale viene affidata in ogni caso la liquidazione del danno, dall’altro per la allure sanzionatoria che caratterizza la norma.

 

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