Gli atti compiuti dall’amministrazione in vista della conclusione del contratto sono sempre finalizzati al perseguimento di interessi pubblici e, di conseguenza, non sono riconducibili agli atti di autonomia dei privati. E’ dunque la funzionalizzazione immanente all’attività della p.a. che impone di qualificare in modo diverso l’attività contrattuale dell’amministrazione rispetto a quella dei privati: questi sono normalmente liberi di perseguire i propri fini , la prima deve sempre avere come parametro la cura degli interessi pubblici.

Gli atti del c. d. procedimento ad evidenza pubblica non producono direttamente modificazioni giuridiche unilaterali, almeno nel senso che sono destinati ad essere integrati dal consenso privato e che la disciplina giuridica del rapporto deriva non già da essi bensì dal contratto.

Problematica si presenta la questione della configurabilità di interessi legittimi a fronte dell’emanazione degli atti del procedimento ad evidenza pubblica, posto che gli interessi legittimi sono correlati normalmente all’esercizio di tradizionali poteri amministrativi destinati ad incidere sulle posizioni giuridiche dei privati in modo unilaterale. L’effetto dell’atto deve peraltro essere valutato nel caso concreto: un atto del procedimento ad evidenza pubblica può incidere direttamente sulle situazioni giuridiche degli amministrati, sicchè, da questo punto di vista, la questione deve essere impostata e risolta alla stessa stregua dell’agire provvedimentale.

La delibera a concludere un contratto a trattativa privata o l’aggiudicazione o l’approvazione del contratto possono essere lesivi di interessi legittimi e di conseguenza venire autonomamente impugnati. Il risultato dell’attività negoziale posta in essere dalla parte pubblica e dal privato è riconosciuto dall’ordinamento generale in quanto siano rispettate le comuni condizioni di validità poste dall’ordinamento stesso.

Le peculiarità dell’amministrazione e della sua azione rilevano allorché si contesti davanti al g.a. o in sede di ricorso amministrativo la legittimità della serie procedurale che ha condotto all’atto di adesione allo schema contrattuale.

A seguito dell’annullamento dei relativi atti amministrativi, in particolare, dell’aggiudicazione, e dei loro effetti si producono conseguenze che si riverberano sulla validità del contratto. Non vi è unanimità di vedute circa l’individuazione di queste conseguenze. Secondo la giurisprudenza più tradizionale del g.o., l’annullamento con effetto ex tunc degli atti amministrativi emanati in vista della conclusione del contratto, deliberazione di contrattare, bando, aggiudicazione, incide sulla sua validità in quanto priva l’amministrazione della legittimazione e della capacità stessa a contrattare, determinando l’annullabilità del contratto.

Siffatto annullamento può però essere pronunciato solo su richiesta dell’amministrazione, la quale sarebbe l’unica parte interessata ai sensi dell’art. 1441 c.c. il soggetto privato il quale ritenga illegittimo il comportamento dell’amministrazione, potrà impugnare gli atti della serie pubblicistica ma, una volta ottenutone l’annullamento, non otterrà l’automatico travolgimento del contratto, la cui caducazione può essere pronunciata solo dal giudice ordinario a seguito di azione esperita dall’amministrazione.

Altra tesi è quella secondo cui il contratto che viene stipulato a seguito di un’aggiudicazione illegittima sarebbe nullo per violazione di norme imperative, mentre la prevalente giurisprudenza utilizza la figura della caducazione automatica del contratto, come conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione, considerata atto presupposto e richiamando l’istituto privatistico del collegamento negoziale.

Va ancora ricordata la posizione giurisprudenziale secondo cui il contratto risulterebbe affetto da inefficacia sopravvenuta relativa: il contratto non perderebbe efficacia in modo automatico, richiedendosi invece una ulteriore azione da parte del contraente pretermesso.

Il Consiglio di stato ha invece sposato la tesi della nullità, osservando come l’aggiudicazione abbia la duplice natura di atto amministrativo conclusivo della procedura ad evidenza pubblica e di accettazione della proposta, con la conseguenza che la sua demolizione priva il contratto dell’elemento essenziale dell’accordo.

Corollario di questa tesi è che, in difetto di una tempestiva impugnazione dell’aggiudicazione nel prescritto termine di decadenza, l’azione di nullità risulta non proponibile.

La tutela del terzo risulta accentuata dalle più recenti modifiche legislative. Nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo l’art. 35 d.lgs. 80/98 e succ. mod. , attribuisce al g.a. il potere di disporre “anche attraverso la reintegrazione in forma specifica”, il risarcimento del danno ingiusto.

Tra le controversie cui fa cenno l’art. 35 rientrano pure quelle relative ai procedimenti di scelta del contraente assoggettati alla disciplina comunitaria o a quella statale o regionale sull’evidenza pubblica. Il g.a. chiamato a sindacare la legittimità di una procedura di affidamento di un appalto pubblico, su richiesta della parte lesa, previa verifica della sussistenza della fondatezza della pretesa del ricorrente all’aggiudicazione, parrebbe, secondo taluno , potersi sostituire all’amministrazione nell’aggiudicazione dell’appalto stesso “disponendo la reintegrazione in forma specifica”. La maggioranza della giurisprudenza ritiene comunque che il potere di disporre la reintegrazione in forma specifica non possa essere impiegato dal giudice nelle ipotesi in cui sia stato già stipulato il contratto con un altro contraente. In tal caso al ricorrente non resterebbe che il risarcimento per equivalente.

 

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