I ricorsi gerarchico, gerarchico improprio e in opposizione sono i rimedi amministrativi ordinari di chi, ritenendo di aver subito la lesione di una situazione soggettiva qualificata, si rivolge all’amministrazione per ottenere una tutela giustiziale. Sono ammissibili esclusivamente nei confronti dei provvedimenti NON definitivi. (Il ricorso in ottemperanza è un rimedio giurisdizionale per tutelare il privato dalla mancata esecuzione del giudicato amministrativo).

Il ricorso straordinario, rivolto al Presidente della Repubblica, è proponibile soltanto contro i provvedimenti definitivi, cioè quegli atti nei cui confronti il ricorso ordinario sia già stato esperito o non possa esserlo.

Il ricorso gerarchico, insieme al ricorso straordinario, è un rimedio di ordine generale, cioè non necessita di una espressa previsione normativa per essere esperito. Mentre il ricorso gerarchico improprio e quello in opposizione sono rimedi eccezionali e tassativi, cioè possono essere utilizzati soltanto ove la norma lo consenta.

Il ricorso gerarchico, come quello in opposizione, è un rimedio di tipo rinnovatorio, cioè può dar luogo non soltanto all’annullamento dell’atto impugnato, ma anche alla sua modificazione o sostituzione. Rimedi di tipo eliminatorio, che possono comportare soltanto l’annullamento dell’atto impugnato, sono invece il ricorso straordinario e il ricorso gerarchico improprio (che in rari casi riveste anche carattere rinnovatorio).

a) ricorso gerarchico: va presentato NON al soggetto pubblico che ha emanato il provvedimento, ma a quello che si trova ad esso gerarchicamente sovraordinato. (es.: Il ricorso al prefetto su un provvedimento del questore, essendo il prefetto sovraordinato al questore mentre il ministro NON lo è rispetto al dirigente generale, pur rimanendo titolare della potestà decisoria dei ricorsi gerarchici impropri). Anche se è raro l’uso di tale rimedio, questo presenta sempre due utilità: la valutazione dell’opportunità e della convenienza dell’azione amministrativa, per un verso, e l’economicità e la celerità dello stesso, che si deve concludere al massimo entro 90 giorni, per l’altro. – Nel ricorso gerarchico è l’autorità decidente che provvede ad integrare il contraddittorio nei confronti di eventuali controinteressati. Mentre il ricorrente NON è tenuto a notificare il ricorso né all’organo che ha emanato il provvedimento, né ai controinteressati stessi, dovendo unicamente presentarlo all’organo cui è diretto, entro 30 giorni dalla piena conoscenza dell’atto da impugnare.

b) ricorso gerarchico improprio: non va presentato all’organo gerarchicamente sovraordinato rispetto a quello che ha emanato l’atto impugnato ed è previsto per casi nei quali il provvedimento avrebbe altrimenti acquisito carattere di definitività. Una norma, e non un provvedimento giurisdizionale, deve individuare l’organo della medesima amministrazione o, più raramente, di altra amministrazione (purché legata funzionalmente a quella che ha originato l’atto impugnato), al quale, pur in carenza di un rapporto gerarchico, spetterà il compito di decidere il ricorso.

c) ricorso in opposizione, assai raro (trova applicazione, in particolare, nel pubblico impiego), è diretto al medesimo organo che ha adottato l’atto impugnato. Sia per quest’ultimo, sia per il ricorso gerarchico improprio, la disciplina è la medesima prevista per il ricorso gerarchico.

d) ricorso straordinario: (proposto contro provvedimenti definitivi) diversamente dai ricorsi amministrativi ordinari, è un rimedio alternativo al ricorso giurisdizionale: se il ricorrente lo sceglie, poi non potrà più rivolgersi al giudice amministrativo e viceversa. Tuttavia, l’amministrazione convenuta e i controinteressati sul presupposto che la via giurisdizionale offra maggiori garanzie – ad esempio, la giurisdizione amministrativa garantisce il doppio grado di giudizio, mentre la decisione del ricorso straordinario avviene in unico grado – possono trasporre il ricorso straordinario in sede giurisdizionale. In pratica, tali soggetti possono chiedere, entro 60 giorni dalla notifica del ricorso straordinario, che questo sia deciso dal giudice amministrativo. In presenza di una siffatta richiesta, il ricorrente è tenuto a costituirsi, entro 60 giorni, innanzi al competente Tar.

Decorsi i termini per proporre i ricorsi amministrativi ordinari (30 gg) e il ricorso giurisdizionale (60 gg), al cittadino rimane il ricorso straordinario che può essere proposto entro 120 giorni dalla comunicazione (notificazione, pubblicazione o piena conoscenza) del provvedimento definitivo ovvero dalla formazione del silenzio rigetto in ordine al ricorso ordinario. Questa è una delle principali ragioni del suo utilizzo, cui si affiancano l’economicità e la celerità e, soprattutto, l’apprezzabile grado di terzietà dell’organo chiamato a pronunciarsi, dato l’importante ruolo rivestito dal Consiglio di Stato in seno alla procedura di adozione.

Nel procedimento inerente al ricorso straordinario, il Ministro, dopo aver svolto entro centoventi giorni l’istruttoria del ricorso, deve trasmettere gli atti al Consiglio di Stato per il parere obbligatorio. Ricevuto quest’ultimo (o in mancanza dello stesso, decorsi 45 giorni) il Ministro può o elaborare una proposta di decreto al Presidente della Repubblica conforme alle conclusioni del Consiglio di Stato oppure discostarsi da esso, ma solo previa sottoposizione della questione al Consiglio dei ministri.

La domanda di sospensione del provvedimento, presentata nel ricorso straordinario, può essere accolta in presenza di fumus boni iuris e periculum in mora. È una delle particolarità del ricorso straordinario, a cui si aggiungono: la verifica di sola legittimità; l’effetto esclusivamente eliminatorio dell’atto; l’obbligo di notifica, a pena di inammissibilità, ad almeno uno dei controinteressati (disponendo eventualmente l’amministrazione la necessaria integrazione del contraddittorio).

L’impugnazione della decisione relativa al ricorso straordinario è ammissibile solo in due particolari casi. Il primo davanti al giudice amministrativo, ma solo per vizi di forma o di procedimento, riguardanti esclusivamente fasi successive al parere reso dal Consiglio di Stato. Il secondo per revocazione, nei casi previsti dall’art. 395 c.p.c., ma NON dinanzi al giudice ordinario, bensì con ricorso da proporsi al Capo dello Stato nelle medesime forme del ricorso straordinario.

Pur avendo il ricorso straordinario natura di provvedimento amministrativo, quindi non giurisdizionale, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha privilegiato una lettura in senso lato del termine ”giurisdizione”, ritenendo così proponibile, da parte del Consiglio di Stato, in sede di ricorso straordinario, il rinvio pregiudiziale ad essa, ai fini dell’interpretazione della normativa europea. Sulla base del medesimo ragionamento, il Consiglio di Stato ha ritenuto proponibili questioni di legittimità costituzionale nell’ambito della procedura di adozione del parere sul ricorso straordinario.

 

 

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