Gli atti precettivi

Gli atti precettivi sono quelli volti alla definizione di norme giuridiche (atti normativi, come i regolamenti amministrativi) o, comunque, di prescrizioni generali.

La loro funzione, quindi, è di regolare la condotta di uffici pubblici, di soggetti privati o di entrambi.

Gli atti precettivi regolano principalmente la condotta di uffici pubblici (atti di organizzazione, programmi di attività, direttive, regolamenti di attuazione della legge n. 241/1990 in materia di termine e responsabile del procedimento e di diritto d’accesso ai documenti amministrativi).

Regolano essenzialmente la condotta di privati, invece, gli atti volti alla fissazione di prezzi o tariffe, le autorizzazioni generali che stabiliscono il trattamento dei dati personali o la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica, l’atto con il quale la CONSOB disciplina la redazione e la pubblicazione del prospetto informativo che deve accompagnare la sollecitazione all’investimento.

Regolano la condotta degli uni e degli altri, infine, i piani urbanistici, i piani e programmi economici, i bandi, i regolamenti edilizi dei comuni, i regolamenti delle biblioteche pubbliche.

La concessione

La concessione è strumento di governo dell’economia e di controllo sullo svolgimento di attività private. Alla base del regime concessorio vi è la sottrazione di una determinata risorsa alla disponibilità dei privati, cioè la riserva originaria (istituto al quale fa riferimento anche l’art. 43 cost. per porre una riserva di legge).

A volte, la sottrazione dipende dal fatto che si tratta di una risorsa scarsa, della quale occorre regolare l’uso: come le spiagge, le acque pubbliche, l’erogazione di un servizio pubblico in regime di monopolio, il denaro pubblico e, di conseguenza, le opere e le attività finanziate dalle pubbliche amministrazioni.

Altre volte, dipende da un’esigenza di controllo che deriva da interessi pubblici come la sicurezza dei cittadini, la tutela degli utenti e lo sviluppo economico: ciò avviene per molti servizi pubblici e per altre attività imprenditoriali, come l’esercizio di farmacie e la gestione di giochi e scommesse.

La concessione, quindi, è spesso uno strumento non di disposizione di risorse scarse, ma di governo dell’economia e di controllo sullo svolgimento di attività private. Tuttavia, questa seconda funzione delle concessioni è oggi recessiva a causa dell’affermarsi del principio della concorrenza, che induce ad assoggettare lo svolgimento delle attività economiche alle leggi del mercato piuttosto che ai poteri di indirizzo di autorità pubbliche e, quindi, a eliminare o limitare la discrezionalità amministrativa nel consentire l’accesso degli operatori ai mercati. Soprattutto nella disciplina dei servizi pubblici, di conseguenza, il regime concessorio viene sempre più spesso abbandonato e sostituito da altri, come quello autorizzatorio.

È evidente che il provvedimento di concessione soddisfa innanzitutto un interesse del concessionario, il quale ottiene la disponibilità del bene o la possibilità di svolgere l’attività, oggetto di riserva.

Esso però soddisfa anche un interesse dell’amministrazione, che riceve un corrispettivo (per esempio, un canone per l’uso di beni pubblici) o ottiene che un’attività di pubblico interesse venga svolta. È per questo che alle concessioni si tende ad attribuire natura contrattuale, che in qualche caso è riconosciuta dalle norme (art. 19, legge n. 109/1994, che qualifica come ”contratti” le concessioni di lavori pubblici).

Ciò spiega perché, da un lato, quelli volti al rilascio delle concessioni siano procedimenti a iniziativa di parte, essendo avviati dalla domanda dell’aspirante concessionario; dall’altro, le domande siano spesso precedute da un bando: la scelta tra i diversi aspiranti, in questi casi, avviene attraverso una procedura concorsuale.

Le concessioni aventi ad oggetto l’erogazione di denaro pubblico si definiscono sovvenzioni.

Le sovvenzioni sono sottoposte ad una disciplina particolare. Il tr. Ce contiene una disciplina limitativa degli aiuti concessi dagli Stati alle imprese: in quanto capaci di alterare la concorrenza tra le imprese, essi sono vietati, con alcune eccezioni; alla Commissione europea è attribuito il compito di vigilare sul rispetto del divieto (art. 87 ss.).

Anche a livello nazionale vi è una disciplina particolare, data dall’art. 12, legge n. 241/1990, e dal d.lgs. n. 123/1998: il primo pone in capo alle amministrazioni concedenti un obbligo di predeterminazione dei criteri di decisione e delle modalità di erogazione; il secondo ha uniformato e semplificato la disciplina dei procedimenti di erogazione, individuandone diversi tipi e fissando alcune regole comuni.

 

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