Diocleziano e Costantino gettarono basi di una nuova monarchia che però senza dubbio cominciava a risentire degli influssi orientali. Si dice che già Aureliano nel 270 esigesse il bacio dell’anello, la genuflessione e l’adorazione orientale (proschinesi).

Oltre ciò si assiste a un dilatamento dei poteri imperiali che oramai si avvicinava all’assolutismo (legittimazione di ogni potere del governante anche se tenuto in violazione delle leggi). Inizialmente l’idea dell’absolutio legibus alludeva solo al privilegio del princeps di sfuggire a qualche requisito formale riservato dal dir civile specie in tema di successioni. Severo e Caracalla ritenevano di esser legibus soluti ma allo stesso tempo volevano vivere secondo le leggi rifiutandosi di avvalersi di testamenti illegittimi in loro favore. Questa situazione però degenera dopo che Giustiniano a seguito della fallita rivolta di Nika del 532 dichiara che Dio aveva assoggettato a tal punto le leggi dell’imperatore da fare di quest’ultimo la legge animata in terra.

Ciò che caratterizza questo periodo è il cambiamento del sistema delle fonti del diritto. Il binomio leges-iura continuò a caratterizzare la dinamica interna (sebbene solo nella lex romana visighotorum appaia una marcata divisione) dell’ordinamento (d’ora in poi “ord”) fino a Giustiniano che promulgò il Digesto trasformando gli Iura in leges unificando quindi i due tipi normativi.

Iura. Esse erano principi provenienti da editti pretori e opere dei giureconsulti ( i pareri di questi ultimi quando il principe li autorizzava (ius respondendi) e tra loro fossero concordi riguardo una questione avevano per Gaio forza di legge) idonei all’applicazione nella prassi. Questo potere poteva però dar fastidio all’imperatore stesso: anche principi moderati come Adriano quindi preferirono confinare i giuristi in un consilium del principe poi divenuto concistoro con Costantino. L’importanza degli iura dopo Costantino è visibile dal fatto che Valentiniano III nel 426 indirizzo da Ravenna al senato di Roma la legge delle citazioni approvata da Teodosio II che la inserì nel codex theodosianus: le opinioni dei giuristi Papiniano, Paolo, Gaio, Upiano e Modestino godevano di efficacia vincolante qualora fossero concordi, vinceva la maggioranza quando erano discordi e in caso di parità numerica prevaleva quello di Papiniano.

Pauli receptae sentetiae. Esse circolarono per secoli sotto il nome di paolo appunto ed erano considerate la gemma degli iura antichi. 100 anni dopo Costantino la legge delle citazioni le nominò testualmente sostenendo che dovevano valere sempre (pleonastico: già c’era legge delle citazioni). La prima stesura sembra del 300 il successo fu tale che nel 506 Alarico la introdusse nella lex romana Visigigothorum e Giustiniano la mise nel digesto. Tuttavia il giurista contemporaneo Levy conta 7 revisioni successive: il testo era quindi probabilmente sconvolto.

Istituzioni di Gaio. Create nel II sec passarono indenni l’età del principato cadendo poi nei sec IV e V nella rozza interpretazione dei c.d. Fragmenta Augustodunensia finendo infine nella Epitome Gai (che in realtà è più un commento quindi sarebbe meglio per l’autore del libro Cortese chiamarlo Liber Gai). Giustiniano infine appose l’ultima contraffazione all’originale antico e segnò la loro fine tra gli iura trasformandole in legge (ciò testimonia il fatto che gli iura fossero al tramonto proprio perché le idee orientali (Costantinopoli sede dell’impero dal 330) spostavano l’asse portante del dir sulle leggi.

Tituli ex corpore Ulpiani(IV sec). Essi rappresentano una volgarizzazione intesa ad adattare un testo celebre a un pubblico sempre meno raffinato.

Consultatio vetereris cuisdam iuriconsulti(1577) Essa appare l’ultimo iura e contiene pareri di un giurista forse un avvocato e rappresenta l’ancora esistente attività scientifica in zone barbarizzate comela Gallia e oltre ciò si avverte il perdurante uso forense della consulenza tecnico giuridica. Oltre a ciò troviamo(prima)la Lex Dei: un manualetto di comparazione tra legge biblica e quella di Roma dove si evidenziavano concordanze e così quindi si volevano tranquillizzare i fedeli inducendoli ad obbedire all’impero.

I codici. Nel basso impero essi apparivano come collezioni di norme vecchie e nuove, come se fossero grosse antologie di pezzi ripescati dalla propria storia da quella più antica a quella più recente(x il viora meglio quindi “consolidazioni” che codici). I primi codici arrivano con Diocleziano(284- 305): erano raccolte di rescritti: ciò sembra confermare un’idea di princeps sommo magistrato dell’esercizio di poteri giurisdizionali testimoniato dal preesistente Codice gregoriano del 292 il quale esibiva rescritti dell’età di Adriano e il Codice ermogeniano che cm un seguito al primo raccoglieva rescritti dioclezianei.

Nel 429 si ha la svolta: si provò la svolta: una raccolta normativa da intendere come seguito di quella gregoriana ed ermogeniana che portasse a un volume di costituzioni imperiali completo di quelle vigenti e non vigenti per le scuole(sl questo fu effettivamente fatto:sia x tribunali e per le scuole, tralasciando gli iura) e un altro volume per la prassi forense contenente leggi vigenti e un po’ di iura.

Codice Teodosiano. Promulgato nel 438 e entrato in vigore nel 439 consisteva in 16 libri fitti di costituzioni generali. Voleva esser la continuazione dell’ermogeniano e del gregoriano, fu di fatto l’attestato di un mondo completamente trasformato.

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