Il T.U. 4021/1877, disciplinante il tributo in questione, non forniva precisa definizione di questi redditi, limitandosi nel54 a includere nella categoria “B” (una delle 4 già viste), quelle fonti reddituali derivanti dal capitale e dal lavoro dell’uomo e aventi carattere temporaneo. Questa impostazione rimase anche con il T.U.645/1958. L’entrata in vigore dell’IRPEF ha fatto nascere davvero l’interesse della dottrina per lo studio del reddito d’impresa.

Le disposizioni relative si trovano quasi tutte nel T.U. dedicato all’IRES, ma si applicano anche ai soggetti IRPEF titolari di reddito d’impresa. L’individuazione del reddito in esame si basa sia su criteri oggettivi (che fan riferimento alle modalità di svolgimento dell’attività esercitata ex 55 TUIR. Essi assumono rilievo col riferimento a persone fisiche, enti non societari di tipo non commerciale, società di fatto) sia su criteri soggettivi (ancorati nella natura giuridica del soggetto passivo, che trovano la loro fonte specie negli art 6 e 81. In forza di queste ultime disposizioni, i redditi delle società di persone e degli enti commerciali sono sempre considerati redditi d’impresa). Il 55 TUIR prevede che “sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali, ossia l’esercizio per professione abituale (concetto relativo: bisogna verificare in base all’attività svolta dal contribuente, se essa sia caratterizzata da regolarità e continuità nel tempo ovvero rivesta carattere occasionale. Tuttavia l’attività non può esser svolta con sufficiente grado di stabilità, quindi l’esistenza di interruzioni è incompatibile con l’abitualità.), ancorchè non esclusiva (quindi è es. produttiva di reddito anche un’attività commerciale svolta contemporaneamente ad altre di diversa natura), delle attività indicate dal 2195cc e delle attività alle lettere b) e c) 2° art 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti”. Quindi nell’individuare la fonte del reddito, la legge pone l’accento su un istituto disciplinato dal c.c.: l’impresa commerciale. L’impresa in materia tributaria è però diversa da quella civile: il c.c. la analizza più negli aspetti soggettivi dell’imprenditore e delle persone coinvolte nell’attività d’impresa, mentre il diritto tributario mira a individuare quelle fattispecie economiche che possono manifestare specifica capacità contributiva (interesse dal punto di vista oggettivo). Il 55 richiama le attività di cui al 2195cc, ma solo in chiave recettizia, cioè per visualizzare una serie di attività la cui commercialità non può esser messa in discussione e il quale esercizio implica la produzione di reddito d’impresa: attività industriale per produrre beni/servizi; intermediaria nella circolazione dei beni; di trasporto per terra/acqua/aria; bancaria o assicurativa; ausiliarie delle precedenti. Il legislatore considera irrilevante l’organizzazione in forma di impresa: questo elemento assume rilevanza in negativo per le attività ex 2195 e per le attività agricole, in quanto per esse non è necessaria l’organizzazione per essere considerate commerciali, nonché in positivo per le attività di prestazioni di servizi non rientranti nel 2195, per le quali tale elemento è invece indispensabile per qualificare il relativo reddito come reddito d’impresa. A livello fiscale sono quindi considerati imprenditore anche chi svolge attività derivante essenzialmente dal lavoro del titolare es. agenti di commercio. Questa è una differenza con l’impostazione civilistica: in quest’ultima è necessario un minimo di organizzazione per avere l’impresa. A livello tributario non serve neppure lo scopo di lucro, necessario nel civile invece, tranne per gli enti operanti nei settori dell’assistenza socio-sanitaria, istruzione ecc. (cosiddetta “Onlus”) per cui l’assenza del fine di lucro rende fiscalmente non commerciali le attività istituzionali e quelle strumentali, connesse con le prime, esercitate da tali enti.

L’imprenditore agricolo

Ex 55 1° TUIR sono considerati redditi d’impresa anche quelli derivanti da attività di allevamento/manipolazione/conservazione/trasformazione/valorizzazione dei prodotti del fondo o del bosco, per la parte eccedente i limiti di cui alle lettere b) e c) 32. Questa previsione si riferisce solo all’imprenditore agricolo (2135cc): quando si superano quei limiti quindi, l’attività si considera commerciale e produttiva di reddito d’impresa.

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