Fondamentale fu senza dubbio il ripristino da parte di Augusto, dei comizi centuriati e di quelli tributi, a cui va ricondotta l’esplicazione dell’attività legislativa ma non della funzione giudiziaria.

Tutto ciò, tuttavia, non poteva arrestare il declino inarrestabile a cui le assemblee erano destinate. Purtroppo le fonti di cui disponiamo non ci permettono di avere un quadro dettagliato del funzionamento delle due assemblee. Tuttavia, è possibile desumere da esse alcune indicazioni essenziali che risultano di considerevole interesse in relazione al problema più generale della costituzione del principato.

Un punto di riferimento molto importante è rappresentato dalla Tavola ebana. Questo documento ha conservato una parte della rogatio che, riprendendo il contenuto di un senatoconsulto del 19 d.C, concernente le onoranze disposte in memoria di Germanico, aveva previsto l’istituzione di 5 centurie composte da senatori e da cavalieri facenti parte delle decurie da cui traevano i giudici per i processi pubblici, alle quali competeva la destinatio dei consoli e dei pretori, unitamente alle 10 centurie senatorio-equestri che erano state create con la stessa funzione ed intitolata a Gaio e a Lucio Cesare, dalla legge Valeria Cornelia. Purtroppo le lacune del testo della tabula Hebana hanno creato gravi difficoltà nella soluzione del problema centrale della destinatio magistratuum, vale a dire quello del valore del voto espresso dalle centurie destinatrici.

L’interpretazione più attendibile sarebbe quella che ci consente di ritenere che il voto delle 5 centurie destinatrici intitolate a Germanico, come quello delle centurie intitolate a Gaio e a Lucio Cesare, si sarebbe dovuto aggiungere a quello delle altre centurie del comizio chiamate a votare dopo lo spoglio e la proclamazione dei risultati della votazione delle centurie destinatrici. Pare, in un certo senso, che le centurie destinatrici, oltre ad esprimere un voto rilevante in ordine al risultato conclusivo della votazione, svolgessero una funzione di orientamento che è stata ricollegata a quella avuta nel comizio repubblicano dalla centuria prerogativa.

Le fonti mettono in luce le innovazioni di Tiberio in materia. Ce ne parla in modo esaustivo Tacito, secondo cui fondamentale fu lo spostamento della scelta dei magistrati dalle assemblee al senato.

Tacito parla dell’elezione dei pretori, che avvenivano attraverso la presentazione di un numero di candidati pari a quelli dei posti da ricoprire. In questa fase, non risulta una cooperazione del senato alla nomina dei candidati in questione, anche se soltanto 4 di questi risultano essere raccomandati da Tiberio ai fini dell’elezione stessa.

Tuttavia, la circostanza che tale fase preelettorale si svolgesse in senato e la limitazione del numero dei candidati in rapporto a quello dei posti da ricoprire possono spiegare il fatto che Tacito abbia anticipato dall’inizio del principato di Tiberio il peso che il senato avrebbe avuto nella scelta di determinati magistrati soltanto in una fase successiva.

In primo luogo, la limitazione del numero di candidati in rapporto a quello dei posti da ricoprire ha svuotato di contenuto la funzione destinatrice, già di per sé non vincolante.

In secondo luogo, la mancanza di accenni ad una partecipazione dei cavalieri alle centurie destinatrici successivamente al 23 d.C, può essere presa in considerazione come una circostanza suscettibile di aver determinato il riferimento della funzione destinatrice al senato nell’ultima fase del principato di Tiberio. Ma soprattutto va tenuto presente che il senato ha esplicato una vera e propria funzione di scelta ai fini della nominatio dei candidati che non fossero stati raccomandati dal princeps.

Tale scelta, nel senato, avveniva in base ai titoli o in base a sorteggio o accordi fra i senatori. In questo modo, veniva riconosciuta la funzione elettorale del senato rispetto al ruolo assunto, in quest’ambito, dalle assemblee.

Nell’ideologia di restaurazione di Augusto non poteva non rientrare l’utilizzazione della funzione legislativa dei comizi. A partire da un periodo di poco successivo al 20 a.C, le assemblee legislative vennero chiamate ad esprimersi sui punti di riforma dell’imperatore. I due settori più importanti sui quali si concentra l’attività di Augusto sono la disciplina del processo civile e criminale e l’assetto dei rapporti di famiglia. Per quanto concerne il processo, rilevano sicuramente le due leges Iuliae del 17 a.C.

Quella relativa al processo civile sancisce la definitiva scomparsa delle legis actiones e fissa la definitiva regolamentazione del processo formulare, che diviene così il processo ordinario sia per le situazioni giuridiche tutelate dal ius civile che per quelle protette dal ius honorarium. Per quanto concerne, invece, la lex Iulia inerente al processo criminale, questa regola il processo delle quaestiones, inserendo nuove leggi che disciplinano le singole fattispecie criminose.

Infine, per quanto riguarda la legislazione sulla famiglia, fondamentale è senza dubbio la lex Iulia de adulteriis coercendis, la quale ha come obiettivo principale la repressione dei crimini contro la morale sessuale nell’ambito di una rigida organizzazione familiare, punendo, in costanza di matrimonio, l’adulterio, chiamato dai Romani stuprum e inteso come la relazione sessuale con una donna honesta e, dunque, di una buona condizione sociale.

Molto importante, inoltre, sempre in riferimento alla legislazione di famiglia, risulta essere la lex Iulia et Papia.

Esse fissano l’obbligo del matrimonio per gli uomini dai 25 ai 60 anni e per le donne dai 20 anni ai 50 anni. Nel caso in cui un uomo o una donna non contraessero matrimonio, venivano puniti con una sanzione indiretta, consistente per lo più nell’incapacità di ricevere per testamento.

Già a partire da Tiberio l’attività legislativa dei comizi tende a diminuire tendenzialmente.

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