Le cooperative sociali (“social firm”), assumendo la forma giuridica nell’impresa collettiva, realizzano l’integrazione nel mercato del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale, con la creazione di nuove occupazioni nei servizi socio-educativi. La legge 381/91, con cui le cooperative sociali hanno ottenuto un riconoscimento giuridico, ha istituito due forme di cooperative: cooperative di tipo A e cooperative di tipo B..

Le prime hanno per oggetto la gestione di servizi sociosanitari ed educativi; le seconde operano nel settore commerciale, industriale ed artigianale. Entrambe le categorie sono dirette all’inserimento nel mondo del lavoro di persone svantaggiate inclusi gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i minori in situazioni di difficoltà familiare.

Tutte e due le tipologie hanno in comune la caratteristica indefettibile della non divisibilità degli utili, nonché il carattere pubblicistico dello scopo e quello privatistico della forma organizzativa.

Mentre le cooperative di tipo A hanno come obiettivo la creazione di posti di lavoro, nelle cooperative di tipo B l’occupazione assume un profilo soggettivo (infatti 1/3 dei soci della cooperativa deve appartenere ad una delle categorie di soggetti svantaggiati).

Entrambe operano sul mercato in regime di concorrenza, usufruendo di facilitazioni, sgravi fiscali ed esenzioni del pagamento di contributi. Non possono dimenticarsi alcuni provvedimenti legislativi che hanno ampliato le categorie occupazionali non previste dalla l. 381/91 (ad esempio i disoccupati di lungo periodo).

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