Il giudice di appello può conoscere e giudicare intorno allo stesso rapporto sostanziale controverso in primo grado. Le parti, peraltro, hanno discrezionalmente la possibilità di restringere o ampliare l’oggetto del giudizio di appello. L’oggetto del giudizio di appello si determina attraverso:

  • i motivi specifici di impugnazione;
  • la proposizione di domande e di eccezioni non accolte in primo grado;
  • la proposizione di nuove domande, nuove eccezioni e nuove prove;
  • le modificazioni della domanda di primo grado.

Fermo restando il divieto di domande nuove, il legislatore del 1990 tace del tutto in ordine alla possibilità o meno di modificare la domanda in appello. Nel silenzio della legge, comunque, dottrina e giurisprudenza hanno sempre ritenuto ammissibile la modificazione della domanda in appello. Proto Pisani concorda su questo punto, a patto che:

  • resti fermo il diritto fatto valere in giudizio così come individuato in primo grado al termine dell’udienza ex art. 183;
  • si tratti di fatti rilevabili di ufficio, la cui operatività non sia subordinata all’intermediazione dell’esercizio di un potere di parte.
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