Problema primario è stabilire in quali casi un elemento debba considerarsi costitutivo del reato o circostanziale e, pertanto, quando si abbia un reato autonomo o un reato circostanziale. Premesso che il problema non si pone per le circostanze comuni e per quelle estrinseche, nella maggior parte dei casi è la stessa legge ad indicare che si tratta di circostanze.

Quando però le indicazioni legislative non esistono o non possono ritenersi risolutive, occorre rifarsi ad altri criteri logici ed estrinsechi, il principale dei quali va desunto dalla diversa funzione degli elementi costitutivi e degli elementi circostanziali. Poiché i primi caratterizzano il tipo di reato, mentre i secondi lasciano immutato tale tipo, graduandone semplicemente la gravità, possiamo ricavare che:

  • possono costituire circostanze solo gli elementi specializzanti di corrispondenti elementi della fattispecie incriminatrice semplice.

Gli elementi circostanziali, quindi, per essere tali, debbono essere in rapporto di species a genus con corrispondenti elementi della fattispecie semplice (es. l’art. 625 rappresenta una circostanza dell’art. 624). Va subito precisato, tuttavia, che la specialità è una condizione necessaria, ma non sufficiente a fondare la fattispecie circostanziata: un tale rapporto, infatti, è riscontrabile non soltanto rispetto a figure circostanziali, ma, talora, anche a figure autonome di reato. Per decidere di eventuali casi dubbi, quindi, occorre ricorrere a tutti i criteri esegetici utilizzabili (es. precedenti storici, interpretazione sistematica).

  • non può mai costituire circostanza l’elemento che si sostituisca al corrispondente elemento (o si aggiunga agli elementi) di un’altra fattispecie. Tale elemento, infatti, si porrebbe in un rapporto di incompatibilità con il corrispondente elemento (o di eterogeneità con gli elementi) dell’altra fattispecie.

Tale criterio preminente ha il duplice merito:

  • di riportare tutta una serie di ipotesi, attualmente considerate come aggravanti, nel campo della piena consapevolezza.
  • di precludere l’assurdo logico e giuridico che le lesioni e la morte possano essere bilanciate con circostanze attenuanti del tutto eterogenee.
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