Ci si domanda se il III alinea del 1° 43 si limiti ad offrire “criteri di orientamento” per pervenire alla nozione di colpa. Non c’è dubbio che l’”evento” la cui volizione è assunta dal 43 1° III alinea, a nota concettuale della colpa, è da intendere nel significato di evento naturalistico cioè di modificazione del mondo esterno cagionata da condotta umana e rilevante per il diritto. Da ciò si deduce che l’interprete o si ferma alla definizione del 43 (rimanendo quindi costretti a ritenere che ad esempio il 55 o il 59 sono comportamenti dolosi, disciplinati come delitti colposi solo per quanto riguarda la pena, ma non si capisce perchè la legge debba punire come colposo un reato strutturalmente doloso…), ovvero si dichiara l’insufficienza della definizione legislativa estendendosi alle basi normative di cui è necessario tener conto nel concetto di colpa a ogni disposizione che preveda situazioni di fatto da cui nasce una responsabilità per colpa. Questa seconda definizione è giusta per Gallo: infatti se l’evento è naturalistico, l’atteggiamento psicologico di chi lo cagiona colposamente non può circoscriversi alla sola involontarietà ma si deve ravvisare anche nell’opinione di realizzarlo in circostanze tali da escludere la responsabilità penale. Se però intendiamo l’evento non naturalisticamente ma come offesa agli interessi tutelati dalla norma: dato che questa categoria esprime il significato sostanziale di tutto il comportamento criminoso e il suo valore essenziale, parlare di evento vuol dire usare un termine di sintesi con cui ci si riferisce contemporaneamente al fatto e al disvalore del fatto. Quindi in questo caso ciò che deve non esser voluto per aversi colpa non è un singolo elemento della fattispecie, ma l’intero fatto carico del significato attribuito dall’ordinamento.

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