Si troveranno al loro interno le cause di giustificazione. Esse quindi non dovranno esser rappresentate perché esista il dolo

Ci si chiede ora quali rapporti intercorrano tra dolo e “circostanze di esclusione della pena”. Il 59 3° dispone che “se l’agente ritiene per errore che esistono circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui”. Cosa sono queste circostanze? Esse sono citate anche nel primo comma: in base ad esso è da escludersi che con l’espressione in esame si comprendano anche le qualifiche soggettive, attinenti alle capacità di intendere/volere del reo. A parte l’argomento sistematico (non decisivo) la ratio dell’85 è nel senso di una rilevanza oggettiva dell’incapacità di intendere/volere. Quindi se il 59 1° fosse dettato per queste ipotesi, sarebbe inutile (anche per 3° e anche per il 4°: in particolare per quest’ultimo, se questa norma trovasse applicazione riferendosi ad esempio ad una situazione di esclusione dell’imputabilità, si realizzerebbe una disciplina diversa inspiegabilmente, a seconda che il soggetto fosse capace (errore sulle proprie condizioni mentali che esclude il dolo), pericoloso (sempre assoggettabile a misura di sicurezza), imputabile e pericoloso (assoggettabile a misure di sicurezza) .

Oltre ciò queste circostanze non includono le cosiddette “immunità”: infatti il nostro ordinamento le considera come limiti all’obbligatorietà della legge penale dando quindi per scontato che esse rilevino anche se non conosciute dal soggetto che ne beneficia. Anche il 4° non concerne le situazioni di immunità, in quanto esse operano anteriormente al fatto.

Il 59 poi non si estende alle cause sopravvenute di estinzione del reato o della pena e non si vede proprio come alla realizzazione del fatto l’agente possa non conoscere o ritenere per errore inesistenti fatti giuridici futuri rispetto alla di lui condotta.

Il 59 per la parte dell’esclusione della pena trova allora giustificazione nelle circostanze identificate con esimenti o cause di giustificazione (per tutti i commi). Allo stesso risultato arriviamo esaminando il 59 4°: è intuitivo che non possono cadere sotto la previsione della norma in questione le cause estintive del reato o della pena: ex lege su di esse non può darsi errore dell’agente. Il 59 4° dispone l’efficacia dell’errore non distinguendo tra quello di fatto e quello di diritto: sembra quindi inevitabile riconoscere che il convincimento di agire in presenza di una scriminante escluda la punibilità a titolo di dolo, sia che l’agente erri sui presupposti di fatto, sia che si rappresenti inesattamente i limiti giuridici di una causa di giustificazione, sia che si configuri una causa di giustificazione non contemplata dall’ordinamento. Assurdo per Gallo e interviene su ciò dicendo che alla stregua del 59 4° l’efficacia dell’errore di diritto trova il limite nel 5. Ma questa regola non è assoluta e inderogabile: ad esempio l’errore su una legge extrapenale consistente sempre in un errore sulla fattispecie astratta di reato, per convincerci che nei riguardi del 5 norma generale è configurabile una norma speciale che ad esso faccia eccezione. Quindi non ci sarebbero motivi per ammettere da un lato che il 47 ultimo comma deroga all’art 5 e per negare, dall’altro, che lo stesso possa avvenire ad opera del 59 4°. Ciò che decide in senso contrario alla equiparazione delle 2 situazioni è la diversa portata che assumerebbe un errore di diritto eventualmente rilevante su queste ultime rispetto all’errore su legge diversa da quella incriminatrice. Abbiamo visto come chi si impossessi di una cosa altrui ritenendola propria ex 47 per errore di diritto agisca si raffigurandosi i limiti della fattispecie posta in essere, ma allo stesso tempo a cagione di un tale errore non si rappresenti uno degli elementi costitutivi del fatto di reato. Quindi è fuori discussione la deroga arrecata dal 47 ultimo comma al 5 e questa trova la sua ragione d’essere nella circostanza che l’errore su norma extrapenale esclude la rappresentazione del fatto come delineato dalla norma incriminatrice.

Nel caso invece della deroga del 59 al 5, inquesto caso l’errore non verrebbe a incidere sulla rappresentazione del fatto ma solo sulla qualificazione penale del fatto stesso. Dare rilevanza ad un errore del genere vorrebbe dire ammettere una deroga al 5 ma anche introdurre un principio per cui ci sarebbe esclusione del dolo anche se l’agente si fosse rappresentato in ogni suo elemento un fatto di reato però convinto di agire lecitamente. Tuttavia ad una interpretazione sistematica, il 59 4° non appare norma idonea a ricomprendere anche l’errore di diritto se non fosse delimitata, dall’esterno, dalla norma ex 5. L’erronea supposizione di una causa di giustificazione va diretta allo schema dell’errore di fatto. Questa conclusione da sola ci permette di respingere l’opinione per cui l’errore sull’esistenza di una scriminante, rivelerebbe in quanto errore sull’antigiuridicità del fatto. Si basi: contraria al diritto positivo per eccesso e per difetto. Quando si afferma che quale che sia la natura dell’errore su una causa di giustificazione, l’agente verserebbe sempre in un errore sull’antigiuridicità dell’attuazione dolosa del fatto tipico, mettendosi insieme situazioni delle più diverse che possono non aver nulla in comune. Se a fondamento della disciplina posta ex 59 ultimo comma stesse l’ignoranza del carattere antigiuridico del proprio comportamento si dovrebbe poi accertare se chi ha agito per errore supponendo l’esistenza degli elementi costitutivi di una scriminante, abbia avuto o no la rappresentazione della liceità della propria condotta ed escludere il dolo, se questa rappresentazione c’è stata, affermarlo se invece è mancata. Ma comunque ciò va respinto perchè introduce nel 59 4° un qualcosa che la legge non contempla: infatti essa si limita ad esigere che ci sia errore sulla presenza di una scriminante e se un simile errore è compatibile con la convinzione da parte dell’agente di realizzare comportamento antigiuridico si può concludere che la rappresentazione o meno dell’antigiuridicità penale non ha nulla a che fare con il contenuto dell’errore disciplinato dalla norma in esame.

Problema sulla rilevanza dell’errore che cada su un elemento normativo della scriminante. C’è chi sostiene che il 59 4° salvo il limite costituito dal 5, non faccia differenza tra l’errore di fatto e quello di diritto: quindi non trova difficoltà a riconoscere l’efficacia scusante di questa ipotesi di errore su legge extrapenale. Ciò viene meno quando se ne rifiuti la premessa circoscrivendo la portata del 59 4° solo all’errore di fatto. Bisognerà riferirsi ancora al 47 3° né si potrebbe obiettare che non sarebbe consentito il ricorso immediato a questa norma perchè essa disciplina solo l’errore su elemento normativo del fatto, così come delineato in una figura criminosa di parte speciale. La lettura del 47 1° come regola del solo errore su elementi del fatto positivo è imposta dal rilievo dell’errore sulle circostanze di esclusione della pena (cioè le cause di giustificazione) si occupa specificatamente il 59 4°. Diversamente stanno le cose quando consideriamo la funzione propria del 47 3°: si tratta di un limite e non è il solo sempreché questa cagioni un errore sul fatto. La funzione di limita è assolta sia quando l’agente si rappresenti inesattamente una norma del fatto positivo o quando ci si raffiguri per errore una legge diversa dalla legge penale, cioè un dato normativo di un elemento negativo. In ambo le situazioni l’errore su legge extrapenale porta un’inesatta visione di quelli che sono i confini dettati dalla disposizione incriminatrice ed è quindi naturale che l’ordinamenti appresti una soluzione unitaria senza distinguere tra errore su elementi normativi del fatto positivo ed errore su elementi normativi di circostanze d’esclusione della pena.

La portata del 47 3° è limitata dal 51 3°. Quest’ultimo a proposito della esimente dell’adempimento di un ordine legittimo della pubblica autorità, dispone che risponde del reati non solo chi ha impartito un ordine illegittimo ma anche “chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo”. Non c’è dubbio che la norma citata si riferisce ad un errore che concerne un elemento normativo di scriminante (precisamente la “legittimità” dell’ordine della pubblica autorità) e altrettanto indubbio è che il legislatore si preoccupa di subordinare l’efficacia scusante dall’errore alla condizione che esso sia un errore di fatto. Ammessa quindi la riconducibilità al disposto del 47 3° dell’errore su elementi normativi di scriminante, la lettera della legge esclude tale riconducibilità per il particolare tipo di errore previsto dal 51 3°. Poiché dal sistema si ricava che la disciplina dell’errore su legge extrapenale vale anche per le scriminanti, se il legislatore avesse inteso conformarsi a un principio del genere pure per ciò che concerne l’erronea supposizione di obbedire a un ordine legittimo, non avrebbe parlato di errore di fatto.

Dobbiamo poi escludere la applicabilità il 47 3° alle ipotesi in cui la scriminante sia imperniata solo su un dato normativo costituito dal nomen juris di una situazione giuridica soggettiva che rinvii ad altre norme per individuare ogni elemento che concretamente la realizzi. Ora se si fosse nell’avviso che per errore su leggi extrapenali titolare di un diritto sia uno a cui in realtà non gli spetta, dovrebbe applicarsi il 47 3°, escludendo il dolo, per cui le conseguenze sarebbero gravi e incompatibili col sistema. In base a questa disposizione, la scriminante è imperniata tutta su un dato normativo come è quella a cui genericamente si riferisce un dovere e un dir, di cui non specifica il contenuto: non si limita a fornire una delle componenti della causa di giustificazione, esaurendo tutta la struttura di quest’ultima. Siamo fuori dall’applicabilità dal 47 3°.

Tiriamo le somme. La supposizione erronea esclude il dolo quando concerne non l’esistenza di una immaginaria esimente, bensì gli elementi costitutivi, fattali, normativi, di una causa di giustificazione davvero prevista. Secondariamente la situazione in esame si esaurisce in questo errore, essendo necessario e sufficiente che l’agente supponga di trovarsi in circostanze per cui egli agirebbe in presenza di una scriminante sancita dal diritto positivo. Queste affermazioni sono valutabili meglio ponendo l’accento sulla connessione tra la rilevanza oggettiva di un’esimente ignorata dall’agente e la rilevanza dell’errore che quella esimente concerna: sotto il primo profilo è deciso il 59 1° che stabilisce che “circostanze di esclusione della pena sono calcolate verso il soggetto pure se egli non se ne configuri la presenza o , per errore le ritenga inesistenti”. Quindi vuol dire che un fatto non è assoggettabile a conseguenze canzonatorie d’ordine penale: allo stesso modo che la mancanza di un elemento positivo esclude la punibilità, pur se per errore esso venga ritenuto presente.

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