Nell’ambito del diritto penale internazionale, il delitto politico è sempre stato oggetto di particolare interesse, pur se ai diversi fini di estendere la sfera di applicazione della legge penale nazionale, di limitare la collaborazione internazionale (estradizione) o, addirittura, di proteggere gli autori di reati politici commessi all’estero (diritto di asilo).

Dal punto di vista del nostro diritto penale internazionale il delitto politico viene in considerazione:

  • nel codice penale, come deroga al principio di territorialità (art. 8).
  • nella Costituzione, come limite all’estradizione (artt. 10 co. 4 e 26 co. 2) e, indirettamente, in materia di diritto di asilo (art. 10 co. 3).

L’art. 8 stabilisce che è punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero un delitto politico non compreso da quelli indicati nel n. 1 dell’art. 7 (delitti contro la personalità dello Stato). La punibilità di questi reati, tuttavia, non è incondizionata, occorrendo la richiesta del Ministro della Giustizia e, se il delitto è perseguibile a querela di parte, la querela dell’offeso.

L’art. 8 co. 3, inoltre, fornisce la nozione di delitto politico valevole a tutti gli effetti penali. In tale nozione, che presenta la massima ampiezza, rientrano:

  • i delitti oggettivamente politici, che sono cioè tali ontologicamente perché offendono un interesse politico dello Stato o un diritto politico del cittadino.
  • i delitti soggettivamente politici, ossia i delitti comuni determinati in tutto o in parte da motivi politici.

Anche l’art. 8 si ispira al principio della difesa dello Stato, completando con una specie di norma di chiusura la difesa statale predisposta dall’art. 7, anche se in forma meno intensa (richiesta del Ministro).

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