A questo punto potrebbe sembrare più corretta l’opinione di chi ritiene che manchi qualsiasi sicuro criterio che valga a far distinguere tra loro confessioni religiose e associazioni religiose e che le une e le altre siano associazioni tipiche. Tale opinione, tuttavia, finisce per emarginare l’art. 8 nel sistema di regolamentazione del fenomeno religioso, che risulterebbe ispirato al criterio di uguale tutela di tutte le formazioni religiose nel più ampio quadro di tutela del fenomeno associativo disegnato dagli artt. 2 e 18 Cost., con i quali l’art. 8 verrebbe a trovarsi in un rapporto di complementarietà. L’uguaglianza di libertà delle confessioni religiose resta comunque il nucleo forte del sistema costituzionale, motivo per cui addivenire all’individuazione del concetto di confessioni religiose risulta ancora fondamentale.

Un criterio fondamentale di distinzione può essere costituito dall’animus degli appartenenti, dal momento che i soggetti che si organizzano in una confessione lo fanno perché essa ha un credo diverso da qualunque altra e si organizzano in una struttura distinta dalle altre . Tale qualificazione, tuttavia, sconta inevitabilmente una dose di autoreferenzialità: sono le stesse confessioni religiose, infatti, a qualificarsi come autonome e indipendenti rispetto a qualsiasi altra formazione dello stesso tipo. Risulta quindi imprescindibile una valutazione da parte dello Stato della disciplina applicabile alla formazione religiosa che reclami di essere riconosciuta quale confessione, un valutazione questa non ideologica ma organizzativa, volta a verificare la concreta tensione dell’animus degli aderenti all’unicità di credo e di organizzazione che caratterizza la confessione.

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