Il terzo pilastro dell’Unione comprende la cooperazione in materia di giustizia e di affari interni. In questi settori, come in quello della politica estera, la cooperazione è stata voluta per raggiungere nuove mete di stampo federale che segnassero il definitivo tramonto della Comunità come mero organismo di cooperazione economica.

In una comunità estesa ormai a quindici Stati, ciascuno dei quali continua a ritenersi esclusivo titolare della sovranità, non è stato tuttavia possibile operare il «salto» ad un livello di integrazione effettiva. Ne è nata quindi una serie di disposizioni molto analitiche (come del resto quelle relative alla politica estera) che probabilmente alimenteranno le dispute legali.

Le prescrizioni sulla cooperazione in questo settore sono state ripartite in due blocchi: uno – quello relativo alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – è costituito da articoli inseriti nel titolo VI del TUE; l’altro è andato a formare essenzialmente il titolo VI del Trattato CE (artt. 61-69) relativo a visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone. L’obiettivo è tuttavia sempre lo stesso: quello di creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Cooperazione in materia giudiziaria penale

Lo scopo della cooperazione in questo campo consiste nel fornire ai cittadini degli Stati membri dell’Unione un elevato livello di protezione in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (art. 29, n. 1, TUE), dotando l’Unione di strumenti efficaci per fronteggiare alcuni fra i più pericolosi e diffusi fenomeni di criminalità.

A questo fine l’Unione svolgerà un’azione comune che mirerà alla prevenzione e alla repressione del razzismo e della xenofobia, nonché della criminalità (organizzata e non) e in particolare del terrorismo, della tratta di esseri umani, dei reati contro i minori, del traffico illecito di droga e di armi, della corruzione e della frode.

Nell’ambito di questa cooperazione, che nelle norme del TUE si attua con un metodo intergovernativo, è possibile il passaggio al metodo dell’integrazione comunitaria. Ciò è previsto, seppure con molte cautele, dall’art. 42 (già K.14), generalmente definito norma “passerella”.

Art. 42. – Il Consiglio, deliberando all’unanimità su iniziativa della Commissione o di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo, può decidere che un’azione in settori contemplati dall’articolo 29 rientri nel titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, e stabilire nel contempo le relative condizioni di voto. Esso raccomanda agli Stati membri di adottare tale decisione secondo le rispettive norme costituzionali.

I mezzi per realizzare l’obiettivo del più elevato livello di sicurezza nello spazio di libertà sono elencati nell’art. 29 TUE

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