Il sintomo più evidente dell’abuso del decreto-legge è rappresentato dalla crescita impressionante del numero dei decreti legge via via adottati negli anni. I governi di coalizione succedutesi nel tempo, poco sicuri della propria maggioranza parlamentare, hanno adottato molto spesso dei decreti legge, invece di presentare disegni di legge alle camere, forzando la maggioranza a decidere sulla sorte del disegno di legge di conversione del decreto-legge entro il termine di 60 giorni stabilito dall’articolo 77.

Tale espediente si rivelò disastroso poiché, aumentò ancora di più il ricorso allo strumento del decreto-legge attraverso il nuovo espediente della reiterazione dei decreti legge. A fronte della mancata conversione in legge nel termine di 60 giorni da parte delle camere, il governo adottò di fatto un nuovo decreto-legge il cui contenuto riproduceva il contenuto del precedente decreto non convertito per di più inserendo, nel decreto stesso o nel disegno di legge di conversione, la norma che faceva salvi gli effetti prodottisi sulla base del precedente decreto. Si crearono “catene normative”.

Il rapporto causa-effetto tra abuso e reiterazione divenne di tipo circolare: da un lato il governo, sapendo di poter reiterare, ha sempre meno freni nell’adottare decreti legge; dall’altro le camere, egualmente contando sulla possibilità della reiterazione, ebbero sempre meno stimoli a deliberare sulla conversione.

Il ricorso alla prassi della reiterazione è oggi decisamente ridimensionato, a seguito delle critiche di illegittimità costituzionale avanzate dalla dottrina e fatti propri dalla corte costituzionale.

Secondo la corte, la prassi della reiterazione, altera la natura provvisoria della decretazione d’urgenza, procrastinando di fatto il termine invalicabile di 60 giorni, previsto dalla costituzione per la conversione in legge, quindi la reiterazione stabilizza e prolunga nel tempo; incide sugli equilibri istituzionali, alterando i caratteri della stessa forma di governo e l’attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento; intacca la certezza del diritto nei rapporti tra i diversi soggetti, soprattutto quando il decreto reiterato incida nella sfera dei diritti fondamentali o nella materia penale o produce effetti irreversibili anche nel caso di mancata conversione.

La corte aggiunge, quindi, che il governo può legittimamente intervenire nella stessa materia con un successivo decreto legge, soltanto qualora ricorra una delle seguenti condizioni:

  • che il nuovo decreto risulti nel contenuto sostanzialmente diverso, poiché in tal caso è al di fuori della fattispecie della reiterazione;
  • che il nuovo decreto pur avendo un contenuto identico a quello del precedente, risulti però fondato su nuovi, autonomi e sopravvenuti motivi di straordinaria necessità ed urgenza, e motivi che, non potranno essere ricondotti al solo fatto del ritardo conseguente alla mancata conversione del precedente decreto.
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