La teoria dei limiti taciti trova fondamento nell’affermazione della diversità e necessaria superiorità del potere costituente rispetto al potere di revisione costituzionale, in quanto potere costituito. Tale fondamento è però illusorio:

  • se si considera il riferimento alla straordinarietà dell’organo costituente che non è più praticabile, laddove sussista una perfetta identità tra organo costituente e organo di revisione;
  • la specialità del procedimento non può essere adottato a sostegno della superiorità del potere costituente rispetto quello di revisione quando quest’ultimo debba essere esercitato secondo procedimento più complesso di quello seguito in sede costituente.

Altre critiche si possono muovere se la diversità gerarchica tra potere costituente e potere di revisione costituzionale si volesse fondare sulla diversità di funzioni proprie di ognuno di essi, considerando la funzione costituente come una funzione caratterizzata da un illimitata libertà di produzione, a fronte di un più ristretto raggio di azione della funzione di revisione, che fondandosi sulla costituzione perciò traendo la propria origine dalla funzione costituente, non avrebbe titolo per sostituirsi a quest’ultima, ma potrebbe operare soltanto nell’ambito che le è stato assegnato.

Il presupposto della onnipotenza della funzione costituente è storicamente smentita dal fatto che vi era una decisione pre esistente che vincolava la funzione costituente, cioè la scelta della forma repubblicana nel referendum popolare. La conclusione della necessaria limitatezza del potere di revisione costituzionale è anch’essa storicamente smentita tanto da quelle ipotesi nelle quali è la stessa costituzione che prevede la possibilità di una revisione totale, quanto, inversamente, da quell’ipotesi nelle quali, volendosi vietare la possibilità di una revisione totale, tale divieto si è dovuto positivamente ed espressamente stabilire.

Gli sviluppi recenti della problematica in esame si spostano allo scopo di arrivare dimostrare la subordinazione della funzione di revisione alla funzione costituente. In questo senso, si ritiene che la funzione costituente desuma la propria superiorità nei confronti della funzione di revisione non tanto della propria il limitatezza originale, ma piuttosto in quanto strumento di espressione di principi fondamentali immodificabili in forma legale, pena il mutamento dell’identità dello Stato.

Tali principi sono individuati nella decisione totale unitaria sulla specie e forma di governo dello Stato, nei fini politici fondamentali sostenuti e attuati dalle forze politiche e nella limitazione e razionalizzazione della forza nelle norme interne della costituzione.

(TESI DI MERKL) La tesi indicata incontra un primo ordine di difficoltà, quando si tratta di individuare concreti singoli limiti impliciti della revisione costituzionale in uno specifico ordinamento. Si oscilla infatti da un estremo ad un altro: vi possono essere un limite tacito generale o troppo astratto, limiti taciti così dettagliati da riferirsi alla maggior parte delle disposizioni, limiti taciti che possono essere irrimediabilmente smentiti da quelle costituzioni che prevedono la propria revisione totale; oppure limiti alla revisione costituzionale difficilmente individuabili.

(TESI DI ROSS) La tesi della necessaria sussistenza di limiti taciti della revisione costituzionale dotati di valore assoluto è stata peraltro sostenuta partendo da presupposti completamente diversi da quelli fin qui considerati, e cioè da presupposti normativistici.

Un primo tentativo in tal senso parte dalla critica dell’automatica operatività del principio secondo il quale la legge posteriore deroga a quella precedente, per arrivare all’affermazione di diverso principio secondo cui la modificabilità di ciascun tipo di norme è condizionata all’esistenza di un’esplicita norma di deroga che per ciascun tipo prevede espressamente tale possibilità. L’illustrato tentativo deve considerarsi fallito poiché oltre alla impossibilità di riuscire ad individuare in concreto quale sia la norma che dispone la possibilità di deroga che costituisce il limite tacito alla revisione costituzionale, esso conduce inevitabilmente e contro ogni realtà storica a ritenere del tutto immodificabile quelle costituzioni flessibili che tacciono in ordine alla propria revisione.

Un secondo tentativo è rappresentato dalla tesi secondo la quale le norme sulla revisione costituzionale si porrebbero sempre come limite tacito legalmente insuperabile. A tale conclusione si darebbe attraverso una serie di proposizioni tra loro concatenate: la grundnorm dell’ordinamento giuridico la cui validità deve essere presupposta come norma finale suprema dell’ordinamento; una norma è valida se corrisponde alle condizioni di forma e di contenuto stabilite da una norma di grado superiore; è da escludere che una norma possa regolare le condizioni della propria validità poiché per necessità logica tali condizioni devono essere fissate da una norma di grado superiore; le regole per la modifica di una norma rientrano tra le disposizioni costitutive di essa e quindi le sono necessariamente superiori al pari delle condizioni per la sua formazione. Se l’applicazione di tali concetti conduce in regime di costituzione individuale nella norma sulla revisione la gronda norma dell’ordinamento.

Inoltre l’affermata automatica specularità tra condizioni di formazione e condizioni di modificabilità di uno stesso tipo di norme non sempre sussiste in diritto positivo e dunque non può essere assunta come regola generale. Un esempio è l’articolo 75 dove il popolo ha la facoltà di abrogare mediante referendum, ma prevede altre condizioni di modificabilità delle stesse.

Tuttavia al di là degli argomenti specifici fin qui addotti contro le diversi tesi che ammettono l’esistenza di limiti taciti della revisione costituzionale che attribuiscono ad essi valore assoluto, occorre rendersi conto che questa conclusione deriva dalla ricostruzione che ognuno ritenga di dare del concetto di ordinamento giuridico statale. La definizione di ordinamento giuridico statale accolta, è basato sul principio di affettività, e comporta le seguenti conseguenze: i limiti della revisione sono soltanto quelli testuali il loro valore è relativo e non assoluto, la loro violazione non determina la frattura della continuità dello Stato.

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