Il «iussum delegatorio»

La delegazione è un congegno complesso che si articola in due momenti:

– il primo è caratterizzato da un contratto di mandato stipulato tra delegante e delegato;

– il secondo è caratterizzato, invece, dal contratto che inter­corre tra delegato e delegatario.

Quest’ultimo contratto ha come CAUSA il «iussum delegato­rio. Chiariamo:

il “iussum delegatorio” consiste nel mandato che caratterizza la fase preliminare della delegazione (N.B. si tratta di un mandato, e non di un negozio autorizzativo); è un contratto, conclusosi tra delegante e delegato, sulla base del quale il delegato si presenterà al delegatario e gli proporrà di conclu­dere un “contratto di assunzione delegatoria, (seconda fase della delegazione); tale contratto è caratterizzato dal fatto che le parti pongono a fondamento di esso il cd. iussum delegato­rio, cioè il mandato.

Se il «iussum accipiendi» sia parte delia fattis­pecie delegatoria

Se dell’ esistenza del Cd. iussum delegatorio tra delegante e delegato non si dubita, ci si chiede invece, se ci sia bisogno anche di una dichiarazione del delegante al delegatario, affinché quest’ultimo possa ricevere la prestazione per conto del primo.

Ci si chiede, in altri termini, se sia necessario il IUSSUM ACCIPIENDI, che è appunto l’incarico, la dichiarazione con la quale il delegante legittima il delegatario ad accettare il pagamento.

La dottrina si divide in varie posizioni. Una parte di essa ritiene che il iussum accipiendi NON SIA NECESSARIO, ma qualora ci fosse, esso NON SAREBBE INUTILE, e sortirebbe l’effetto di consentire al delegatario la facoltà di «sollecitare la prestazione» del delegato (BIGIAVI).

IN REALTÀ tale tesi è da confutare perché: o il delegatario è già creditore del delegato perché ha già concluso con quest’ultimo il contratto di assunzione delegatoria, ed allora non ha bisogno di nessuna dichiarazione per sollecitare il pagamento, in quanto potrà pretenderlo sulla base del proprio diritto di credito.

Oppure il contratto di assunzione delegatoria non si è ancora concluso; in tal caso però il delegatario non potrebbe sollecitare il delegato all’adempimento di un obbligo che quest’ultimo non ha ancora assunto, potrebbe quindi soltanto sollecitare il delegato a proporgli la conclusione del contratto d’assunzione delegatoria, in esecuzione del mandato stipulato nella fase preliminare della delegazione.

Evidentemente però non occorre alcuna autorizzazione per promuovere tale sollecitazione.

Altra dottrina ritiene invece, che il iussum accipiendi sia INUTILE, in quanto non occorre una autorizzazione del dele­gante al delegatario perché quest’ultimo accetti il pagamento; l’art. 1180 c.c. infatti prevede che qualsiasi terzo possa pagare il debito altrui senza bisogno che il debitore autorizzi il creditore a ricevere la prestazione.

Secondo questa ipotesi, tale disciplina è applicabile anche alla delegazione.

Il iussum accipiendi quindi è inutile perché così come qualsiasi creditore può ricevere la prestazione dal terzo senza bisogno di essere autorizzato dal proprio debitore (art. 1180 c.c.), anche il delegatario può ricevere la prestazione dal delegato (che è terzo rispetto a lui, prima della stipulazione del contratto di assunzione delegatoria), senza bisogno di essere autorizzato dal delegante.

Una tale tesi non può essere condivisa, perché non è possibile mettere sullo stesso piano “l’adempimento da parte del terzo» l’adempimento da parte del delegato.

Nel caso di adempimento da parte del terzo infatti, il pagamento di costui si giustifica causalmente sulla base della causa del rapporto di valuta; quindi il pagamento del terzo è sorretto dalla causa dello stesso rapporto obbligatorio che egli estingue.

Viceversa, nella delegazione, il pagamento del delegato al delegatario si giustifica in base alla causa del contratto di assunzione delegatoria.

Quando cioè il solvens si presenta come delegato, la causa del suo adempimento, non è la stessa causa del rapporto originario; il delegato infatti, paga per conto del delegante, ed il creditore potrebbe rifiutarsi di ricevere “per conto», laddove, non può rifiutarsi di ricevere la prestazione dovuta, se eseguita dal terzo in quanto tale.

La fattispecie delegatoria quindi è quella di cui all’art. 1180 c.c. non sono assolutamente comparabili.

Altra parte della dottrina ritiene che il iussum accipiendi sia UTILE perché il delegatario può pretendere la prestazione dal delegato sul!a base del contratto di assunzione delegatoria, e dunque, per essere legittimato a ricevere la prestazione, non ha bisogno di una autorizzazione, di un intervento del debitore. Egli è autorizzato a PRETENDERE la prestazione poiché è già credito re del delegato sulla base del contratto di assunzione delegatoria.

IN REALTÀ questa considerazione, certamente esatta, non esclude che si possa parlare, anche con riferimento al delega­tario, di una legittimazione a ricevere che egli deve avere dal debitore originario.

Infatti, se è vero che sulla base del contratto di assunzione delegatoria. il delegatario ha il diritto di pretendere la presta­zione dal delegato. è anche vero che il delegatario, una volta ricevuto il pagamento dal delegato, deve conteggiarlo, impu­tarlo al delegante.

L’essere creditore verso il delegato, quindi autorizza il delegatario a ricevere la prestazione dal delegato, ma non autorizza, perciò stesso, a riferire quella prestazione ad uno specifico rapporto di valuta che intercorre tra il delegante ed il delegatario.

In altri termini, per quanto riguarda il pagamento, esso è .sufficientemente giustificato, dal punto di vista causale, dal contratto di assunzione delegatoria; l’imputazione del paga­mento al delegante, vicevers8., non ha la sua causa nel rapporto di assunzione delegatoria, ma nel rapporto di valuta intercorso tra delegante e delegatario; il iussum accipiendi quindi potreb­be avere lo scopo di RICHIAMARE il rapporto di valuta, e legjttimare quindi il delegatario ad imputare il pagamento al delegante.

Dobbiamo ricordare infatti che ci sono dei casi in cui nel contratto di assunzione delegatoria viene richiamato il rapporto di valuta (DELEGAZIONE TITOLATA) ed altri casi, in cui la causa «obligationis» tra delegante e delegatario non è menzio­nata, non è cioè richiamata dal contratto di assunzione delega­toria (DELEGAZIONE PURA).

In tale ultimo caso, se certamente il delegatario può pretendere la prestazione dal delegato (che gli è debitore), sorgono dei problemi al momento dell’imputazione del paga­mento.

Il delegatario infatti, in assenza di una giusta causa non potrebbe trattenere la prestazione imputandola al delegante, e quest’ultimo potrebbe ripetere ciò che il delegatario ha ricevuto dal delegato (il delegato, viceversa, non potrà mai ripetere la prestazione, in quanto egli ha sempre pagato «bene”, cioè sulla base di una giusta causa, quella che caratterizza il contratto di assunzione delegatoria).

A ben vedere quindi il creditore è, sulla base del contratto di assunzione delegatoria, sicuramente legittimato a ricevere dal delegato, ma potrebbe non essere legittimato a ricevere dal delegante; quindi lo iussum accipiendi potrebbe servire a legittimare l’acquisto che il delegatario fa dal DELEGANTE. Per quale motivo la dottrina non ha mai avanzato tale ipotesi (utilità del iussum accipiendi m caso di delegazione pura)?

Molta parte di essa in verità ritiene che la delegazione SIA SEMPRE TITOLATA quanto al rapporto di valuta; in quanto tale, già dal contratto di assunzione delegatoria scaturisce l’indica­zione della ragione che giustifica il pagamento nella direzione delegato-delegatario, ma soprattutto l’arricchimento del dele­gatario verso il delegante.

La medesima dottrina, identifica poi la delegazione pura quanto al rapporto di valuta, con una delegazione ACAUSALE, ASTRATTA.

È evidente che ciò è impossibile in quanto i contratti nel nostro ordinamento sono sempre causali. A sostegno della tesi che la delegazione sia sempre titolata, la dottrina richiama anche testualmente l’art.1268 C.c.: “se il DEBITORE assegna al creditore un nuovo debitore … »; in questa norma si farebbe appunto riferimento ad una posizione DEBITORIA (del dele­gante) la quale postula che la delegazione sia sempre titolata quanto al rapporto dì valuta.

IN REALTÀ tale lettura della norma sarebbe in aperto contrasto con il terzo comma dell’art. 1271 c.c. che, prevedendo la possibilità che il delegato ed il delegatario non si riferiscano espressamente al rapporto di valuta, fa esplicito riferimento alla delegazione PURA.

Specificazione della funzione del iussum ac­cipiendi

Abbiamo analizzato i motivi per cui la dottrina ritiene che il ed. iussum accipiendi non abbia alcuna rilevanza: sostenendo infatti che la delegazione sia sempre titolata quanto al rapporto di valuta, il ius accipiendi non ha alcuna funzione da svolgere, in quanto il delegatario è legittimato a ricevere, dal delegato, sulla base del contratto di assunzione delegatoria, e può giustificare il suo acquisto, nei confronti del delegante, sulla base del richiamo che, nel medesimo contratto di assunzione delegatoria, è stato fatto della causa del rapporto di valuta.

Distinguendo invece la delegazione pura da quella titolata quanto al rapporto di valuta, riconosceremo che il iussum accipiendi svolge l’importante funzione di indicare la causa, il rapporto tra delegante e delegatario al quale il delegatario deve imputare il pagamento ricevuto dal delegato; se non venisse indicato tale rapporto, il delegante potrebbe ripetere dal delegatario ciò che il delegato ha pagato per suo conto.

Rilevanza pratica del iussum accipiendi

Ipotizziamo che tra delegante e delegatario intercorra una relazione di credito e debito (rapporto di valuta) e che successivamente venga stipulato un contratto di assunzione delegatoria pura, che non menzioni cioè il rapporto di valuta.

Si è detto che di fatto una posizione debitori a del delegante verso il delegarario esiste, e dunque, quando il delegatario riceve «per conto”, e deve imputare il pagamento al delegante, si riferirà sicuramente a quell’unico debito che c’è tra delegante e delegatario. Il iussum accipiendi quindi non svolgerebbe alcuna funzione.

IN REALTÀ è probabile che il delegante, preordinando il meccanismo delegatorio, abbia voluto NON estinguere quel rapporto di valuta, ma imputare quella somma ad un ALTRO RAPPORTO intercorrente con il delegatario, magari ad un rapporto ancora inesistente, ma da costituire, o ad altro rapporto ancora.

Quindi, anche se esiste UN SOLO rapporto di debito, il iussum accipiendi è sempre indispensabile se dalla causa del contratto di assunzione delegatoria, non risulta la ragione specifica per la quale il delegato paga per conto del delegante.

Non solo, ma tra delegante e delegatario, potrebbero intercorrere più relazioni di credito e debito; ebbene, dovrà essere il delegante ad indicare a quale dei rapporti di valuta deve essere imputato quel pagamento. Se tale indicazione non risulta già dal contratto di assunzione delegatoria, l’indicazione dovrà provenire da una dichiarazione del delegante (il iussum accipiendi).

Natura della dichiarazione del delegante

Ci si chiede se il ius accipiendi sia una dichiarazione unilaterale del delegante o se, per il suo perfezionamento, occorra l’accettazione del delegatario.

Se sia cioè, un negozio giuridico unilaterale o bilaterale. Sappiamo infatti che la fase impulsiva della delegazione è un contratto che si conclude con l’accettazione da parte del delegato, della proposta del delegante.

La dottrina che ha individuato la rilevanza del iussum accipiendi — ci riferiamo in particolare allo SCHLESING ER ­ritiene che il iussum accipiendi si concretizzi in un contratto caratterizzato anch’esso da una proposta da parte del delegan­te, ed un’accettazione da parte del delegatario.

Analizziamo i motivi che hanno indotto a formulare tale conclusione:

si è ritenuto che non fosse possibile lasciare alla sola volontà del delegante il potere di incidere sul rapporto di valuta, questo perché il delegatario potrebbe non avere interesse a che quel pagamento sia riferito al rapporto di valuta; costui infatti, è l’altro termine della relazione (rapporto di valuta) sulla quale il pagamento andrà ad incidere, non è possibile quindi che il delegante decida di fare estinguere tale relazione (mediante il pagamento del delegato) con una sua dichiarazione unilaterale di volontà. Occorrerebbe quindi sempre l’accettazione del delegatario;

si è ritenuto poi, che l’accettazione di cui sopra, sia implicita nel fatto stesso che il delegatario riceve il pagamento dal delegato, questo accadrebbe perché nella proposta del delegante al delegato di «agire per conto», sarebbe implicita una proposta (del delegante al delegatario) di RICEVERE “PER CONTO”,

La conseguenza è che l’accettazione del pagamento, o del contratto di assunzione delegatoria, sarebbe anche accetta­zione di quella proposta implicita.

In altri termini, è necessario il concorso della volontà del delegatario, la sua accettazione del ius accipiendi, perché questo si perfezioni, tale accettazione sarebbe a sua volta implicita nella stessa accettazione del contratto di assunzio­ne delegatoria.

Il GRASSO non condivide, però, la tesi esposta.

Per quel che riguarda la prima argomentazione, vale osser­vare che se è vero che il delegatario potrebbe avere l’interesse a riferire il pagamento ad altro o diverso rapporto di valuta, tale interesse non deve necessariamente essere tutelato attraverso il sistema dell’accettazione. L’interesse del delegatario infatti viene tutelato comunque, anche se in maniera diversa nella delegazione di pagamento rispetto alla delegazione di debito.

Sappiamo che nella delegazione di pagamento non si ha un contratto di assunzione del debito tra delegato e delegatario; qui infatti il delegato si limita ad offrire il pagamento al creditore delegatario, per conto del delegante.

Nella delegazione di debito, viceversa, il delegato si assume il debito del delegante, verso il delegatario, e con quest’ultimo stipula un contratto di assunzione delegatoria. Ebbene, nel primo caso il delegatario vedrà tutelato il suo interesse, dalla facoltà che egli ha di rifiutare l’adempimento (meglio, la prestazione) del delegato. Nel secondo caso, egli potrà invece, rifiutare la proposta contrattuale di assunzione delegatoria.

In altri term.ini l’interesse del delegatario è tutelato in direzione del delegato, non del delegante.

Per quel che riguarda la seconda argomentazione, come già indicato, il delegatario accettando il contratto di assunzione delegatoria o il pagamento, IMPLICITAMENTE accetterebbe anche la proposta (a sua volta implicita) che il delegante gli fa di RICEVERE PER CONTO. È cioè, come se il delegante attribuisse al delegatario un incarico: quello di ricevere la prestazione.

Portando però il discorso alle estreme conseguenze, do­vrebbe addirittura ritenersi che il delegatario, dopo l’accettazio­ne, divenga, a sua volta, mandatario del delegante.

Tale discorso è assurdo perché, a meno che il rapporto di valuta non consista in un contratto di mandato. il delegatario non;5arà mai mandatario del delegante; soprattutto perché egli, nel momento in cui riceve il pagamento, lo fa per conto proprio e nel proprio interesse, non per conto del delegante.

In conclusione il delegatario che accetta il contratto di assunzione delegatoria non accetta l’incarico implicito che il delegante ha voluto conferirgli.

D’altra parte se così fosse, ogni qual volta vi sia un contratto che viene posto in essere dal mandatario in esecuzione del mandato, ed ogni qual volta il mandatario comunichi al terzo di agire in quanto tale, l’accettazione del terzo farebbe acquisire a quest’ultimo la qualità di mandatario del mandante.

Tale conclusione non è accettabile; dobbiamo concludere quindi nel senso che il iussum accipiendi sia una dichiarazione unilaterale del delegante, per il cui perfezionamento non è quindi richiesta l’accettazione del delegatario.

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