La Repubblica italiana, intesa come organizzazione- di governo, si compone di comuni, province, città metropolitane, regioni e dallo Stato (art. 114 Cost.) che, nel loro insieme, costituiscono i pubblici poteri. Da ciò si evince la natura pluralista dell’organizzazione di governo che caratterizza il nostro ordinamento, ma la norma in esame sancisce anche il principio della parità istituzionale tra le varie organizzazioni di governo operanti ai diversi livelli territoriali. Lo Stato diviene una delle organizzazioni di governo deputata alla cura degli interessi di dimensione nazionale, a differenza delle altre organizzazioni deputate alla cura degli interessi di dimensione regionale, provinciale e così via.

Occorre, comunque, sottolineare che lo Stato mantiene una propria differente connotazione rispetto alle altre organizzazioni di governo e che si esprime attraverso molteplici caratteri istituzionali fissati in Costituzione: l’ampia competenza legislativa, in alcune materie esclusiva (117 Cost.), la sua soggettività in politica estera, nonché il potere di scioglimento degli organi di governo delle regioni (126 Cost.) e degli enti territoriali, la titolarità del potere sostitutivo che investe l’attività amministrativa delle regioni e degli altri enti locali. In sostanza, lo Stato continua ad essere titolare dei poteri necessari a garantire e tutelare l’unità e l’integrità giuridica ed economica dell’ordinamento (Corte cost 274/2003).

Non tutte le funzioni dei pubblici poteri sono comuni a ciascuno di essi, ma ogni organizzazione, nella cura degli interessi concreti espressi dalla propria comunità di riferimento, è chiamata all’esercizio dell’ amministrazione in determinati ambiti.

In questa prospettiva, è fondamentale il principio fissato dall’art. 5 Cost. che sancisce l’unità e indivisibilità della Repubblica ma nel riconoscimento e nella promozione delle autonomie locali; Si tratta dell’enunciazione del principio fondamentale dell’autonomia, in base al quale ciascuna comunità territoriale ha il diritto di governarsi da sé, ovviamente nel rispetto dei limiti posti dalla carta fondamentale e dalla legge.

Da qui deriva il principio della pluralità dei pubblici poteri, in base al quale il governo della comunità nazionale è articolato in organizzazioni differenziate con riferimento alle rispettive comunità territoriali, e ciascuna di dette organizzazioni è chiamata a curare gli interessi e rispondere ai bisogni della collettività perseguendo fini generali. Diverso è il principio del decentramento, che designa un principio di organizzazione secondo il quale funzioni e servizi di attribuzione dell’ente vanno dislocati geograficamente nel luogo più contiguo possibile al bacino di utenza della funzione o del servizio stesso. Tale principio si articola nel principio di sussidiarietà, in virtù del quale i compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica devono essere affidati al livello di governo più prossimo, in termini territoriali, ai cittadini, portatori degli interessi amministrati, ferma restando la possibilità, dei livelli di governo superiori, di intervenire in caso di mancato esercizio da parte di quelli inferiori e di operare con riferimento a quelle funzioni che, per natura, non possono essere svolte a livello locale.

La nozione di Stato inteso quale insieme delle organizzazioni di governo e quella delle regioni dal punto di vista organizzativo, è prevista in Costituzione; cosa che non avviene per quel che concerne gli enti locali, i quali sono menzionati come organi di governo, ne viene sancita l’autonomia statutaria e normativa e vengono indicati i principi in base ai quali è loro attribuita la titolarità delle funzioni amministrative, ma nulla è detto circa l’organizzazione di detti enti né in relazione alle materie in cui sono chiamati ad esplicare le rispettive funzioni di governo.

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